sabato 3 dicembre 2016

Ariccia - Musica e Arte - Il sonno della ragione genera mostri. Concerto di Alessandro Infante

Per la rassegna di nuovi talenti Spazio Giovani, domenica 4 dicembre 2016 - Ore 18:30 a Palazzo Chigi di Ariccia recital del chitarrista Alessandro Infante dal titolo Il sonno della ragione genera mostri una frase celebre che deriva dal titolo di una celebre opera, un’acquaforte del 1797,  dell’artista spagnolo Francisco Goya. 

Di seguito il programma del concerto: Mauro Giuliani (1781 – 1829) Rossiniana n.5 op.123
Giulio Regondi (1822 – 1872) Aria variata n.1 op.21
Francisco Tárrega (1852 – 1909) Variazioni sul “Carnevale di Venezia”
Mario Castelnuovo-Tedesco (1895 – 1968) Tarantella op.87b
Capricho de Goya n.18 “El sueño de la razón produce monstruos” op.195
Capriccio diabolico (Omaggio a Paganini) op.85°


Il concerto, come al solito a cura dell’Accademia degli Sfaccendati, non sarà nella Sala Maestra del Palazzo ma nelle sale del Museo del Barocco Romano, cosa che permetterà ai partecipanti di poter visitare una delle più belle quadrerie del nostro patrimonio culturale italiano.



venerdì 2 dicembre 2016

APPELLO DEI GIURISTI DEMOCRATICI PER IL NO AL REFERENDUM COSTITUZIONALE

Pubblico di seguito l'appello al No dei Giuristi Democratici perché lo condivido nel contenuto e ne apprezzo la chiarezza.


La Costituzione italiana è legge sovraordinata alla legge ordinaria.
La Costituzione è destinata a regolare i rapporti di civile convivenza tra i cittadini e per tale ragione è destinata a durare nel tempo.
La Costituzione contiene norme di carattere generale, cioè riferentisi ad ogni tipo di cittadini, di carattere astratto, cioè a prescindere dalle singole situazioni.
La Costituzione deve essere comprensibile per tutti i cittadini e pertanto deve essere scritta in maniera chiara e sintetica.
La Costituzione italiana è costituzione rigida quanto ai suoi principi, ma non immutabile; può essere modificata nel tempo, ma sempre al fine di realizzare e rispettare i principi fondamentali stabiliti nella prima parte della Costituzione stessa.
La Costituzione può essere modificata nei modi e nei termini previsti dall’art. 138 e le modifiche devono ricercare la più ampia convergenza di opinioni tra le forze politiche.
La Costituzione non si modifica a colpi di maggioranza. La riforma della Costituzione dovrebbe fiorire da un dibattito collettivo, ad impulso esclusivo del Parlamento, senza intromissione alcuna del Governo.
Queste sono le caratteristiche di una Costituzione e questi sono i criteri per modificarla.
Ed invece
La nuova formulazione della Costituzione è stata approvata alla Camera dalla sola maggioranza, con 360 voti su 630 deputati: alla Costituente il testo fu approvato da 458 parlamentari con soli 62 voti contrari.
Il linguaggio usato è prolisso, controverso, ai limiti della incomprensibilità.
Non è vero che sia stato soppresso il bicameralismo perfetto; semplicemente, esso è stato trasformato in un bicameralismo confuso, perché la permanenza del Senato e i nuovi percorsi di formazione delle leggi, nonostante le minori competenze dello stesso Senato, renderanno confuso e ugualmente complesso il percorso di approvazione di una legge, con il rischio di una moltiplicazione dei ricorsi alla Corte Costituzionale per conflitti tra le due Camere.
Non è vero che il bicameralismo perfetto abbia prodotto tempi di approvazione delle leggi superiori alla media dei paesi democratici europei, così come non è vero che sia così diffuso il fenomeno della cosiddetta “navetta” delle leggi tra le due Camere, fenomeno che, in realtà, risulta limitato al 3% delle leggi varate.
La scelta di non far eleggere i senatori dai cittadini incrina il concetto di rappresentatività dei cittadini stessi, sostituendolo con una nomina di natura politica, che nasce all’interno dei gruppi dei Consigli regionali.
La nuova norma costituzionale rischia di escludere la rappresentanza delle Regioni a Statuto Speciale che prevedono l’incompatibilità tra il ruolo di consigliere regionale e quello di senatore, obbligando, pertanto, l’eletto in Senato a rassegnare le sue dimissioni dal Consiglio Regionale e restando, così, privo di qualsiasi compenso per la sua attività.
Non è vero che le modifiche alla seconda parte della Costituzione, relativa all’organizzazione della Repubblica, non abbiano incidenza sulla prima parte, che stabilisce i principi fondanti dello Stato e della convivenza civile.
La nuova Costituzione introduce una progressiva sopravalutazione del potere esecutivo nei confronti di quello legislativo, istituendo una sorta di democrazia esecutiva.
La nuova Costituzione istituisce un ridimensionamento del ruolo della Camera anche in tema di ordine dei lavori, consentendo al Governo di imporre alla Camera di esaminare le leggi ritenute essenziali per il programma governativo entro 70 giorni: è un’umiliazione del ruolo del Parlamento mai visto dall’epoca fascista.
Non è vero che non esista uno stretto rapporto tra riforma costituzionale e legge elettorale: l’Italicum garantisce al partito vincitore delle elezioni al ballottaggio, magari anche solo con una percentuale del 25%, l’attribuzione del 55% dei seggi della Camera con la riduzione delle opposizioni ad un ruolo di mera, impotente tribuna: si pensi solo alla dichiarazione dello stato di guerra, deliberato dalla maggioranza, precostituita ed immodificabile, della sola Camera. Stante, dunque, la rilevanza della legge elettorale ai fini della valutazione dell’impatto della riforma costituzionale sugli assetti istituzionali, sarebbe stato assai utile che la Corte Costituzionale si pronunciasse sulla legittimità o meno di quella legge; incomprensibile appare il rinvio a data da destinarsi di quel giudizio.
La volontà della maggioranza di ridurre il ruolo delle opposizioni è emblematicamente rappresentato dall’introduzione all’art. 64 di uno Statuto delle Opposizioni, il cui regolamento sarà deciso dalla maggioranza, in salda mano del partito vincitore delle elezioni, della Camera.
Il quesito referendario appare formulato in maniera manipolatoria e tale, dunque, dall’invitare i cittadini all’approvazione della legge; in particolare, il riferimento alla riduzione dei costi della politica non rientra direttamente tra le modifiche costituzionali, ma ne potrebbe essere esclusivamente una indiretta conseguenza.
Queste sono solo alcune delle criticità della riforma costituzionale; in alcuni casi si tratta di questioni molto tecniche sulle quali, ovviamente, il cittadino medio non è in grado di esprimere un’opinione fondata su un’effettiva conoscenza del problema; fondamentale, comunque, è cercare di fare un’operazione quanto più completa possibile di informazione, ma ciò che soprattutto deve essere chiaro è che i cittadini devono essere ben consci dell’importanza della loro scelta ed ergersi a difensori di quel ruolo di unione del popolo italiano che la Carta Costituzionale ha pienamente rappresentato in questi 70 anni.
OCCORRE, DUNQUE, VOTARE NO NEL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE.
Come giuristi, da sempre impegnati nella difesa dei diritti dei cittadini, in particolare di quelli meno tutelati, sentiamo il dovere di dare il nostro contributo di informazione ai cittadini, nella convinzione profonda che in gioco non ci sia né un maggior efficientismo dello Stato, né la battaglia politica tra centrosinistra renziano e centrodestra, ma l’assetto istituzionale della nostra Repubblica e, dunque, in definitiva, il rispetto di quella corretta ripartizione dei poteri dello Stato che hanno consentito lo svolgimento di una civile convivenza, pur tra posizioni politiche ed ideologiche divergenti.
Torino-Padova-Bologna-Roma-Napoli, 24 novembre 2016

ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI

Il CNEL "è come un ponte fra i due momenti dell’esame e dell’azione”

CNEL è l’acronimo di Consiglio Nazionale Economia e Lavoro e per molti, credo, è l’oggetto più misterioso della prossima consultazione referendaria. Dubito seriamente, infatti, che siano in tanti, fra i chiamati al voto, a sapere cosa sia il CNEL, che viene anche citato nel quesito che leggeremo sulla scheda del referendum, e che, purtroppo, dai più è stato semplicemente bollato come “ente inutile”, una definizione che direi ingenerosa.

Il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro -CNEL - è previsto dall'articolo 99 della Costituzione della Repubblica Italiana:
"Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa.
È organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge.
Ha l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge."
Il CNEL è stato istituito dalla legge n. 33 del 5 gennaio 1957. La composizione e le attribuzioni sono disciplinate dalla legge n. 936 del 30 dicembre 1986.
Il Consiglio è composto da sessantaquattro consiglieri:
  Dieci esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica, dei quali otto nominati dal Presidente della Repubblica e due proposti dal Presidente del Consiglio dei Ministri;
  Quarantotto rappresentanti delle categorie produttive, dei quali ventidue in rappresentanza del lavoro dipendente, di cui tre in rappresentanza dei dirigenti e quadri pubblici e privati, nove in rappresentanza del lavoro autonomo e diciassette in rappresentanza delle imprese:
  Sei in rappresentanza delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni del volontariato, dei quali, rispettivamente, tre designati dall'Osservatorio nazionale dell'associazionismo e tre designati dall'Osservatorio nazionale per il volontariato.
I membri del Consiglio durano in carica 5 anni e possono essere riconfermati.

Dal discorso di oggi, in occasione della presentazione del Rapporto annuale del Censis, del presidente del CNEL Delio Napoleone:  Meuccio Ruini, che fu Presidente dell’Assemblea Costituente, e che fu poi il primo Presidente del CNEL, disse chiaramente che questa Istituzione “ha una funzione intermedia; non giunge alla decisione che spetta ad altre sfere e organi; ma la sua funzione non è meramente di studio; è piuttosto di preparazione: è come un ponte fra i due momenti dell’esame e dell’azione”.

Lascio a tutti Voi valutare se, oggi, servano o no dei ponti, per unire una società frammentata e divisa, per collaborare alla coesione sociale.


Cos'è il DEF, Documento di Economia e Finanza

  Il DEF, o Documento di Economia e Finanza, è il principale strumento di programmazione economica e finanziaria dell'Italia. In esso il...