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giovedì 19 dicembre 2019

L'Italia è o non è un Paese per Giovani? Stato di agitazione per il lavoratori del CIDMA di Corleone

L'Italia è o non è un Paese per Giovani?

Questione centrale nell’Economia di un Paese è l’occupazione. Non solo è importante che le persone lavorino ma è anche fondamentale che possano farlo nei propri luoghi d’origine. Inutile stupirsi se dall’Italia i giovani se ne vanno se poi accadono cose come quella che sta succedendo a Corleone, al CIDMA, Centro internazionale di documentazione su mafia e antimafia. 

dalla pag Fb dei Ragazzi di Corleone

I collaboratori, tutti giovani, del CIDMA sono in stato di agitazione e le visite guidate sospese.
Motivo della protesta, lo stop alla conversione del rapporto di lavoro dei collaboratori occasionali del centro dopo l'intesa raggiunta a settembre tra Cgil Palermo e il Centro stesso.

Siamo stati a Corleone alcuni anni fa con i nostri figli e la visita al CIDMA fu illuminante. La professionalità unita alla passione per la propria terra di chi ci fece da guida non potrò mai dimenticarla, così come non potrò mai dimenticare quanto imparammo visitando le stanze del Centro e ascoltando dalla voce di Lorena le terribili storie di mafia che per anni hanno sconvolto la Sicilia e l’Italia. Di quella visita parlai su anche su ECO16, vedi QUI

Oggi, leggere le parole dei Ragazzi di Corleone sulla loro pagina Facebook fa male:
È proprio vero...in Sicilia non si perdona il fare!
Il nostro torto più grande, quello di aver creduto che le cose potessero cambiare e che con l'impegno e la volontà, si può anche riuscire in "imprese titaniche". A questo si aggiunge(va), il grande amore per il nostro paese da cui "siamo invitati" ad andar via per cercare lavoro altrove.
Tutti voi ci avete sempre sostenuti e incoraggiati, qui invece ci fanno la guerra.
Grazie sempre per l'affetto e scusateci se eventualmente non ci troverete più ad accogliervi!
#tuttocambiapernoncambiarenulla


Fabio Ascani

giovedì 8 marzo 2018

8 MARZO GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA – Numeri per riflettere

Oggi, in occasione della Giornata internazionale della donna, invito ad una riflessione, certamente parziale, ma che si basa su numeri oggettivi che possono dare un’idea, specie nel mondo della politica e del lavoro, sui passi che sono stati fatti e su quelli che ancora si devono compiere nella direzione della parità di genere.


Lentamente e con grande fatica, dovendo superare ostacoli e pregiudizi anacronistici, le donne stanno recuperando terreno nel mondo del lavoro, soprattutto guardando ai livelli più alti

Crescono “donne d’impresa”. A fine 2017, sono quasi 10mila in più le imprese femminili iscritte al Registro delle Camere di commercio rispetto all’anno precedente, quasi 30mila in più rispetto al 2014. Con questo aumento costante, l’esercito di oltre un milione e 331mila attività produttive a conduzione femminile rappresenta oggi il 21,86% del totale delle imprese (era il 21,76% l’anno precedente).

Aumentano anche le donne manager. Siamo ancora lontani dalla parità, ma la corsa continua. Infatti, nel 2016, ultimo dato disponibile Inps, le donne sono il 16,6% dei dirigenti privati, ma ben il 30,8% tra gli under 35 e il 28,2% tra gli under 40. La loro forte crescita, in atto da anni, è continuata anche nell’ultimo periodo, che ha visto i dirigenti in calo per la forte crisi. Infatti, dal 2008 al 2016 i dirigenti privati sono diminuiti del 4,9%, -9,7% gli uomini e +29,4% le donne. Anche l’aumento dell’ultimo anno (+0,4% 2016/2015) è tutto dovuto alle donne (+4,4%), a fronte di un leggero calo degli uomini (-0,4%). Questi i dati esclusivi dell’ultimo Rapporto donne di Manageritalia.

Ma ci sono anche aspetti sui quali si deve lavorare molto.

Le donne laureate del sud guadagnano meno. Una donna laureata da quattro anni che lavora al Sud ha un reddito medio mensile netto di 300 euro inferiore a quello di un uomo (1000 euro contro 1300).  A quattro anni dalla laurea il divario di reddito tra maschi e femmine tende comunque a ridursi. Delle donne meridionali occupate, una su tre lavora al Nord, circa il 62%, e la componente femminile meridionale è molto più mobile rispetto a quello maschile. E' questa la fotografia scattata da Svimez dalla quale si legge anche che il tasso di occupazione femminile del centro-nord è del 61,9%, praticamente ai livelli europei, mentre questo al sud è quasi la metà:34%.

Venendo poi alla stretta attualità politica, constatiamo che la legge elettorale non solo ha portato ad un Parlamento senza maggioranza definita, ma non è neanche stata in grado di garantire le quote rosa: alla Camera sono state elette solo 185 donne e 86 al Senato. In sostanza le elette sembrerebbero essere meno di un terzo del totale dei parlamentari.

Ma non dobbiamo mai dimenticare che quando una donna lavora, che sia manager, dirigente o operaia, non smette mai di essere anche madre e moglie, caricando su di se le responsabilità della cura della famiglia. Secondo un’indagine Farmindustria sono il 92% le donne che si occupano della cura dei famigliari. Quando c’è un malato in casa o se il marito deve prendere le pasticche, è la moglie a ricordarglielo; se i bambini stanno male, è la mamma che si dà da fare per curarli; se in famiglia c'è un disabile, sono per la maggior parte dei casi le donne a seguirli. E purtroppo, quando a stare male sono loro, troppo spesso vengono lasciate a se stesse, senza ricevere le stesse attenzioni che naturalmente forniscono ai loro cari.

(Fabio Ascani)








venerdì 8 luglio 2016

Economia - Dagli immigrati 8 miliardi di contributi ma ne ricevono 3

Ci sono ancora qualunquisti e male informati, alle volte in cattiva fede, che dicono che gli immigrati vengono in Italia solo a toglierci il lavoro e a pesare sulle nostre tasche e fomentano l'odio che porta agli intollerabili atti di violenza che sono sulle  prime pagine di tutti i giornali.

La realtà è che gli immigrati danno allo Stato più di quanto ricevono. In Italia, infatti, versano ogni anno 8 miliardi di euro di contributi sociali e ne ricevono solo 3 in termini di pensioni e altre prestazioni, con un saldo netto di circa 5 miliardi. E' quanto sottolinea il presidente dell'Inps, Tito Boeri, nella prefazione del rapporto annuale dell'istituto.

mercoledì 1 giugno 2016

Intervista a Francesca Celli candidata consigliere di Uniti per Cambiare a sostegno di Roberto Di Felice - MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA DEL CENTRO STORICO

Francesca vuoi presentarti ai tuoi cittadini?  
Sono Francesca Celli conosciuta meglio come Petitta cognome di mia madre. Ho lavorato nelle fabbriche del nostro territorio. Poi avendo quattro figli, Domizia Daniele Francesco e Paola, e sette nipoti di età varie dai 19 anni agli 8 anni, per ovvi motivi sono diventata casalinga. Oggi  sono vedova di un uomo, che nella sua vita di professione era autista con turni pesanti e orari reperibilità h24. Il mestiere di casalinga diventa necessario per la mia famiglia così mi sono dedicata sempre alle persone più bisognose cosa che faccio ancora oggi, specialmente dove ci sono bambini ed anziani.
Parlando con i cittadini, specie quelli del centro storico dove vivi, che impressioni hai tratto? Qual è l'umore delle persone?
Ci sono gravi divisioni nella città e nei quartieri che invece dovrebbero essere più uniti. Vorrei che tutti che tutti si sentissero realmente appartenenti ad uno stesso paese, che sentissero realmente il senso di appartenenza e che ci fossero maggiori opportunità di lavoro per tutti.
Se avessi il potere di migliorare una cosa di Ariccia con un colpo di bacchetta magica, quale sarebbe?
Roberto Di felice tocca molti punti importantissimi riguardo i nostri vari quartieri. Potendo scegliere, mi piacerebbe che potesse migliorare la qualità della vita del centro storico per tutti i residenti. Del resto saranno loro che, con i loro suggerimenti, con Roberto sindaco, avranno voce in capitolo e diverranno protagonisti del cambiamento.
C'è un punto del programma di Roberto Di Felice che ritieni maggiormente qualificante?

È il rapporto con la gente che è importante. La gente è al centro del nostro programma.

Cos'è il DEF, Documento di Economia e Finanza

  Il DEF, o Documento di Economia e Finanza, è il principale strumento di programmazione economica e finanziaria dell'Italia. In esso il...