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martedì 14 ottobre 2014

Geologi Lazio: “Dopo la tragedia di Genova, evitiamo alluvioni a Roma e nel Lazio”

Dopo l’alluvione in terra ligure si riapre il dibattito sul rischio idrogeologico nel Lazio. Il presidente Troncarelli: “Lavoriamo sulla prevenzione, la politica faccia il suo dovere. La nuova stagione autunnale è alle porte, le istituzioni ci chiamino. Noi siamo pronti”
In queste ore a Genova si è tornati a rivivere dopo 3 anni il dramma di una nuova alluvione. Il bilancio provvisorio parla di una persona morta, strade allagate e parte della città in black out. Una tragedia evitabile, i cui echi sono arrivati anche nel Lazio, riaprendo il dibattito sul dissesto idrogeologico nella nostra regione. Sono ormai decenni che l’Ordine dei Geologi del Lazio tenta di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle emergenze derivanti da rischi geologici, che le istituzioni preposte continuano ad affrontare in maniera assolutamente insufficiente e dilettantesca: “Dopo tre anni siamo purtroppo nella stessa identica situazione - spiega il presidente dei Geologi Lazio, Roberto Troncarelli, riferendosi all’evento calamitoso che ha colpito il capoluogo ligure -. Poco è cambiato nonostante le grandi promesse degli amministratori che, a Genova come in altre province italiane, non hanno trovato alcun riscontro pratico. L’esondazione del Bisagno, nella zona di Marassi, ovvero nella stessa area di tre anni fa, ha riportato alla ribalta il problema di come a livello infrastrutturale si sia operato in maniera insufficiente. Gli interventi previsti, ai quali sono stati destinati circa 35 milioni di euro, non sono mai stati realizzati né aggiudicati, per un problema di ricorsi alla gara di appalto; anche tale situazione denota, se ancora ce ne fosse bisogno, l’inaffidabilità della macchina pubblica, capace solo di generare ingessature e rallentamenti alle procedure che, come in questo caso, non sono state indolori se hanno provocato milioni di danni e la perdita dell’ennesima vita umana. Un mix micidiale di burocrazia, incompetenza ed irresponsabilità, che non ha permesso di sciogliere in tempi rapidi un contenzioso, il quale ha di fatto impedito la realizzazione delle opere di (parziale) messa in sicurezza dell’area di Marassi-Brignole.. Un paese civile - continua Troncarelli - si indignerebbe di fronte a questa ennesima cronaca di un’alluvione annunciata e chiederebbe conto, in sede civile e penale al responsabile, a chi rappresenta tale vergogna: ma un responsabile anche questa volta non verrà individuato, nel ginepraio di mansioni e responsabilità sovrapposte, duplicate e ripartite, tali che se tutti pagano nessuno paga. Ma prima di spingersi ad individuare chi ha impedito la messa in sicurezza, sarebbe stato già utile intervenire in fase di prevenzione, informando i genovesi. Ma dalle prime notizie pare che neanche il preallertamento abbia funzionato. Se almeno questo fosse stato rispettato, non staremmo adesso a parlare di conta di danni o morti”.
Troncarelli, poi, specifica: “Siamo alle prime avvisaglie della stagione autunnale. E se Genova è la premessa, nulla ci vieta di pensare che un fenomeno analogo possa ripetersi a Roma, nelle zone storicamente interessate dai siffatti eventi calamitosi, visto il nulla di fatto in termini di interventi dall’ultimo episodio”. Tutti ricordiamo gli eventi meteorici rilevanti degli scorsi mesi, che hanno coinvolto la Capitale, con effetti particolarmente drammatici nella parte settentrionale del territorio comunale (Labaro e Prima Porta) e in quella sud-occidentale (Ostia e Infernetto), nonché nei limitrofi Comuni di Fiumicino e Riano: “Purtroppo a seguito di queste tragedie - denuncia il presidente dell’Ordine - si materializza il politico o amministratore di turno che, sfruttando il terreno fertile lasciato dal riflusso emotivo e cavalcando la produttiva onda della visibilità mediatica, si lancia dapprima in generici j’accuse verso “chi c’era prima di noi” e poi in fantasiose rassicurazioni, salvo poi constatare con amarezza che nulla viene fatto o ben poco viene stanziato al fine di trovare soluzioni definitive. Sia per la realizzazione di opere di mitigazione dei rischi geologici, che per la gestione delle emergenze. Si guardino, ad esempio, i piani di protezione civile (di cui molti comuni sono sprovvisti) e gli strumenti urbanistici di attuazione, che spesso si perdono in meandri burocratici, procedure poco fluide e coordinamenti istituzionali complicati”.

Eppure nella nostra Regione 372 comuni, il 98% del totale, hanno almeno un'area a rischio di frana o di esondazione, in cui è a repentaglio la vita umana e più di 350mila cittadini vivono in aree potenzialmente a rischio idrogeologico: “Questi sono dati che diffondiamo ormai da anni - rincara Troncarelli -. Nonostante ciò i geologi presenti all’interno degli enti pubblici sono ancora troppo pochi e i liberi professionisti scarsamente impegnati. Siamo stanchi di dover ribadire tutto questo solo quando si verifica una situazione emergenziale, di essere i protagonisti del giorno dopo. Come Ordine dei Geologi abbiamo messo gratuitamente a disposizione la nostra professionalità per lavorare sulla prevenzione e l’informazione del rischio idrogeologico. Siamo alle porte della nuova stagione invernale, quella più delicata e pericolosa per la sicurezza del territorio: evitiamo che anche a Roma e nel Lazio si verifichino tragedie come quelle di Genova. Ci aspettiamo una telefonata dalle istituzioni, noi risponderemo volentieri”.

martedì 11 marzo 2014

Acqua all'arsenico: ci vuole un reale cambio di mentalità. Non si può agire solo nella fase emergenziale. Una questione che riguarda anche i Castelli Romani

Arsenico nell’acqua, Geologi del Lazio: “Ennesimo esempio di cattiva amministrazione”

Per il presidente dell’Ordine, Roberto Troncarelli, c’è una grave carenza “culturale” e di approccio alle problematiche ambientali: “È molto grave infatti che lo Stato, in tutte le sue ramificazioni, non abbia acceso un “warming” sulla salute della cittadinanza. La questione arsenico va risolta a monte e non agendo nella fase emergenziale”

“Purtroppo i valori di arsenico riscontrati a Roma Nord non ci sorprendono. Molti acquedotti della zona incriminata presentano anche problematiche legate alla presenza di radon. C’è poco da fare: siamo di fronte all’ennesimo esempio di cattiva amministrazione”. È duro il commento del presidente dell’Ordine dei Geologi del Lazio, Roberto Troncarelli, all’indomani dei disagi idrici che stanno colpendo migliaia di famiglie del XIV e XV Municipio: territori in cui è stata riscontrata acqua che, per le caratteristiche chimiche e batteriologiche, non risulta idonea al consumo umano. “Quanto accaduto a nord della Capitale - rimarca Troncarelli - è solo la punta dell’iceberg di una situazione critica, che denunciamo da anni. Quello dell’arsenico infatti è un problema con cui ci si confronta da decenni eppure gli amministratori pubblici hanno sempre mostrato la deprimente tendenza a sottovalutare le questioni ambientali. Tendenza che assume connotazioni pericolose quando, come in questo caso, investe aspetti afferenti la salute pubblica e la sicurezza dei cittadini”. Nella nostra regione molte aree presentano concentrazioni di arsenico superiori a 10 microgrammi/litro, valore massimo che devono avere le acque per poter essere destinate al consumo umano. Tali concentrazioni sono peculiari delle aree dei distretti vulcanici del Lazio centro-settentrionale, Sabatino, Vulsino, Vicano, Cimino e Colli Albani: “Questi valori – sottolineano i Geologi del Lazio - non sono in aumento rispetto al passato poiché non dipendono dalle attività umane ma dalla naturale “contaminazione” che subiscono le acque attraversando i terreni vulcanici. Ma sono valori che hanno classificato tali acque "fuorilegge", in quanto le soglie di accettabilità, definite da alcune direttive europee, attualmente attestato a 10 microgrammi/litro, sono abbondantemente superate dai valori delle acque prodotte da acquiferi vulcanici.  Eppure tutto questo agli amministratori non è mai interessato. Mentre le nazioni più virtuose si sono organizzate mettendo in campo programmi strutturali a lungo termine, investendo sulla qualità dell’acque attraverso impianti di trattamento e abbattimento di elementi nocivi, sulla questione arsenico l’Italia si è dimostrata miope: anziché puntare sulla prevenzione, su infrastrutture e su ricerca, si è pensato bene di chiedere deroghe alla Comunità Europea. Ma l'ultima è scaduta e non ci è stato più concesso di proseguire sulla strada dei rinvii e delle irresponsabilità. Veramente un pessimo esempio di gestione amministrativa. È molto grave infatti che lo Stato, in tutte le sue ramificazioni, non abbia acceso un “warming” sulla salute della cittadinanza”. Per Troncarelli, inoltre, sussiste una grave carenza “culturale” e di approccio alle problematiche ambientali: “I sindaci, i primi ad essere investiti da fenomeni igienico-sanitari locali, spesse volte lamentano casse comunali vuote salvo poi non farsi mancare risorse per la festa del santo patrono o i giochi pirotecnici di ferragosto o iniziative senza alcuna valore sociale. Così non va – sollecitano i Geologi del Lazio -: serve anche e soprattutto un cambio di mentalità. La questione arsenico va risolta a monte e non agendo nella fase emergenziale. Anche perché l’emergenza ha costi economici elevati e la soluzione tampone non ha certo gli stessi effetti benefici di una pianificazione infrastrutturale a carattere preventivo”. Eppure qualche modello positivo c’è: “Per un problema di emissione di anidride carbonica dal sottosuolo, tempo fa la Regione Lazio ha  approvato una delibera, che vieta ai comuni di Castel Gandolfo, Ciampino, Marino e a tre Municipi di Roma, a seconda della concentrazione di anidride carbonica, la realizzazione di piani interrati. Una iniziativa - spiega Troncarelli – secondo molti impopolare ma a mio giudizio lungimirante, poiché diretta preventivamente alla tutela della pubblica sicurezza”.

Cos'è il DEF, Documento di Economia e Finanza

  Il DEF, o Documento di Economia e Finanza, è il principale strumento di programmazione economica e finanziaria dell'Italia. In esso il...