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giovedì 3 marzo 2016

In Italia cementificate il 15% delle campagne in 20 anni Una brutta gestione del territorio anche ad Ariccia nei Castelli Romani

Da un’analisi Coldiretti in occasione della presentazione del rapporto Ispra sul “Dissesto idrogeologico in Italia” risulta abbandonato o cementificato un territorio grande come la Lombardia.
L'agricoltura protegge il territorio
proteggiamo l'agricoltura


L’Italia frana anche perché ha perso il 15 per cento delle campagne negli ultimi 20 anni per effetto della cementificazione e dell’abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato che ha causato la scomparsa di 2,6 milioni di ettari di terra coltivata. È quanto emerge da un’analisi Coldiretti in occasione della presentazione del rapporto Ispra sul “Dissesto idrogeologico in Italia”. Un territorio grande come la regione Lombardia - sottolinea la Coldiretti - è stato sottratto all'agricoltura, che interessa oggi una superficie di 12,4 milioni di ettari.  
Ogni giorno sparisce - precisa la Coldiretti - terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio (288 ettari) e quella disponibile non si riesce più ad assorbire adeguatamente la pioggia perché siamo di fronte ai drammatici effetti dei cambiamenti climatici che si sono manifestati quest'anno con il moltiplicarsi di eventi estremi, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi ma intense e il repentino passaggio dal sereno al maltempo con vere e proprie bombe d'acqua. Il risultato è che in Italia - sottolinea la Coldiretti – oltre 7 milioni di cittadini si trovano in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni che riguardano ben l’88 per cento dei comuni sull’intero territorio nazionale.

Per proteggere il territorio ed i cittadini che vi vivono l’Italia - conclude la Coldiretti - deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile dalla cementificazione nelle città e dall’abbandono nelle aree marginali con un adeguato riconoscimento dell’attività agricola che ha visto chiudere 1,5 milioni di aziende negli ultimi venti anni.

Ma ciò che accade in tutt’Italia avviene ed è avvenuto anche nel nostro territorio dei Castelli Romani e Ariccia non fa eccezione. Nella nostra piccola città, durante le amministrazioni che si sono succedute negli ultimi decenni, ben quattro a guida del “cacciatore ecologista” Emilio Cianfanelli, non solo non ci si è spesi nella salvaguardia e conservazione dell’esistente, ma anzi ci si è adoperati nel tentativo, purtroppo spesso riuscito, di cementificare estese quantità di suolo, anche a scapito dell’agricoltura. Tanto per fare qualche esempio basti pensare alle zone dov’è sorto il mega supermercato Panorama; alla zona industriale di Cancelliera, dove troppo spesso invece di recuperare ciò che andava in disuso si è costruito ancora; la costruzione del nuovo e recentissimo parcheggio (tra l’altro desolatamente sempre vuoto) nei pressi del cimitero; il nuovo ospedale dei Castelli, una struttura che purtroppo pensiamo nascerà insufficiente, quando invece si sarebbe potuto potenziare e valorizzare le strutture già esistenti sul territorio dei Castelli e che oggi, ad ospedale non terminato, stanno collassando, com’è accaduto più volte (anche in questi ultimi giorni) al pronto soccorso di Albano Laziale.

Poi ci sono i tristi tentativi (fortunatamente andati fin ora a vuoto) di costruzione di nuove strade e rotatorie a Vallericcia, o la strada che avrebbe dovuto passare dentro Parco Chigi, cose, queste, che hanno suscitato tanto scalpore da far nascere comitati in difesa del territorio. Inoltre l’idea di costruire un nuovo complesso scolastico in una zona boschiva invece di riportare al loro giusto valore gli istituti esistenti. Ricordiamo poi il permesso alla costruzione di una nuova palazzina a Villa Ferrajoli, tra l’altro per lunghi anni finita sotto sequestro. E altri esempi ancora potrebbero essere portati Ma ciò che vogliamo ancora sottolineare è che, durante le amministrazioni che si sono succedute, da persone con occhi foderati di prosciutto è stato permesso il proliferare di un abusivismo incontrollato e oggi si discute, dopo anni di pessima gestione del territorio, di abbattimenti.

Ad Ariccia si sarebbe dovuta incentivare l’agricoltura e salvaguardare le aree boschive ma così non è stato fatto. Gli interventi di cui si vanta la passata amministrazione, in relazione alla salvaguardia del territorio, è l’acquisto di Collepardo, un luogo che comunque è sottoposto a molteplici vincoli paesaggistici, archeologici e anche militari per cui mai si sarebbe potuto costruire su di esso e la realizzazione dell’invaso di Vallericcia, praticamente una buca al termine di un canale già esistente e che avrebbe avuto chissà quale compito di salvaguardia del territorio, tra l’altro pubblicizzato con conferenze e articoli a mezzo stampa che raccontano le chiacchiere dei “potenti” di turno senza poi andare a verificare cosa sia realmente stato fatto. Possiamo rassicurarvi a distanza di anni che ad Ariccia non è rinato nessun “antico lago”!
Vedi di seguito cosa realmente avveniva a Vallericcia mentre si decantava la “rinascita dell’antico lago”, come titolava a suo tempo il Messaggero!

















domenica 2 febbraio 2014

Aspettando il laghetto ecco le cascate di Vallericcia

In questi giorni di abbondanti piogge si è ripetuto un fenomeno che abbiamo avuto modo di documentare: le cascate di Vallericcia

Clicca per ingrandire
(la circonferenza si misura
 in  metri lineari, gli ettari
misurano le superfici)
A pochi metri dal Ponte Monumentale, alla rotatoria di via Appia Antica, quando le piogge sono abbondanti si formano queste coreografiche cascatelle che riversano quantità enormi d'acqua sulla strada provocando allagamenti e una situazione di reale pericolo per gli automobilisti.  È una situazione che si ripete da anni ma per la quale fino ad ora non si è fatto nulla.

Nel frattempo, sempre a Vallericcia,  ma in zona opposta e molto distante, sono iniziati i lavori per la realizzazione di un invaso (di sedici ettari di circonferenza?!?) che a giudicare dai "proclami di stampa" ci salverà da allagamenti e frane, solleverà la falda acquifera e sarà una manna per l'agricoltura, fermerà l'abbassamento degli invasi limitando il deflusso dell'acqua piovana (vedi l'articolo a fianco). Quanta grazia! Staremo a vedere.

Qualcuno si domanda se era il caso, con le strade che sembrano quelle di una città bombardata, alcune chiuse da mesi e mesi (via Delle Grotte); l'Appia Antica in buona parte senza senza illuminazione; strade senza marciapiedi (ma dove comunque passano gli autobus del Cotral); il Ponte Monumentale chiuso al traffico pesante se sia stata una buona idea cercare finanziamenti per un laghetto di cui non si sentiva realmente la mancanza invece che cercarli per sanare situazioni gravi che mettono in pericolo l'incolumità di chi vive e si muove sul territorio di Ariccia.


martedì 14 ottobre 2014

Geologi Lazio: “Dopo la tragedia di Genova, evitiamo alluvioni a Roma e nel Lazio”

Dopo l’alluvione in terra ligure si riapre il dibattito sul rischio idrogeologico nel Lazio. Il presidente Troncarelli: “Lavoriamo sulla prevenzione, la politica faccia il suo dovere. La nuova stagione autunnale è alle porte, le istituzioni ci chiamino. Noi siamo pronti”
In queste ore a Genova si è tornati a rivivere dopo 3 anni il dramma di una nuova alluvione. Il bilancio provvisorio parla di una persona morta, strade allagate e parte della città in black out. Una tragedia evitabile, i cui echi sono arrivati anche nel Lazio, riaprendo il dibattito sul dissesto idrogeologico nella nostra regione. Sono ormai decenni che l’Ordine dei Geologi del Lazio tenta di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle emergenze derivanti da rischi geologici, che le istituzioni preposte continuano ad affrontare in maniera assolutamente insufficiente e dilettantesca: “Dopo tre anni siamo purtroppo nella stessa identica situazione - spiega il presidente dei Geologi Lazio, Roberto Troncarelli, riferendosi all’evento calamitoso che ha colpito il capoluogo ligure -. Poco è cambiato nonostante le grandi promesse degli amministratori che, a Genova come in altre province italiane, non hanno trovato alcun riscontro pratico. L’esondazione del Bisagno, nella zona di Marassi, ovvero nella stessa area di tre anni fa, ha riportato alla ribalta il problema di come a livello infrastrutturale si sia operato in maniera insufficiente. Gli interventi previsti, ai quali sono stati destinati circa 35 milioni di euro, non sono mai stati realizzati né aggiudicati, per un problema di ricorsi alla gara di appalto; anche tale situazione denota, se ancora ce ne fosse bisogno, l’inaffidabilità della macchina pubblica, capace solo di generare ingessature e rallentamenti alle procedure che, come in questo caso, non sono state indolori se hanno provocato milioni di danni e la perdita dell’ennesima vita umana. Un mix micidiale di burocrazia, incompetenza ed irresponsabilità, che non ha permesso di sciogliere in tempi rapidi un contenzioso, il quale ha di fatto impedito la realizzazione delle opere di (parziale) messa in sicurezza dell’area di Marassi-Brignole.. Un paese civile - continua Troncarelli - si indignerebbe di fronte a questa ennesima cronaca di un’alluvione annunciata e chiederebbe conto, in sede civile e penale al responsabile, a chi rappresenta tale vergogna: ma un responsabile anche questa volta non verrà individuato, nel ginepraio di mansioni e responsabilità sovrapposte, duplicate e ripartite, tali che se tutti pagano nessuno paga. Ma prima di spingersi ad individuare chi ha impedito la messa in sicurezza, sarebbe stato già utile intervenire in fase di prevenzione, informando i genovesi. Ma dalle prime notizie pare che neanche il preallertamento abbia funzionato. Se almeno questo fosse stato rispettato, non staremmo adesso a parlare di conta di danni o morti”.
Troncarelli, poi, specifica: “Siamo alle prime avvisaglie della stagione autunnale. E se Genova è la premessa, nulla ci vieta di pensare che un fenomeno analogo possa ripetersi a Roma, nelle zone storicamente interessate dai siffatti eventi calamitosi, visto il nulla di fatto in termini di interventi dall’ultimo episodio”. Tutti ricordiamo gli eventi meteorici rilevanti degli scorsi mesi, che hanno coinvolto la Capitale, con effetti particolarmente drammatici nella parte settentrionale del territorio comunale (Labaro e Prima Porta) e in quella sud-occidentale (Ostia e Infernetto), nonché nei limitrofi Comuni di Fiumicino e Riano: “Purtroppo a seguito di queste tragedie - denuncia il presidente dell’Ordine - si materializza il politico o amministratore di turno che, sfruttando il terreno fertile lasciato dal riflusso emotivo e cavalcando la produttiva onda della visibilità mediatica, si lancia dapprima in generici j’accuse verso “chi c’era prima di noi” e poi in fantasiose rassicurazioni, salvo poi constatare con amarezza che nulla viene fatto o ben poco viene stanziato al fine di trovare soluzioni definitive. Sia per la realizzazione di opere di mitigazione dei rischi geologici, che per la gestione delle emergenze. Si guardino, ad esempio, i piani di protezione civile (di cui molti comuni sono sprovvisti) e gli strumenti urbanistici di attuazione, che spesso si perdono in meandri burocratici, procedure poco fluide e coordinamenti istituzionali complicati”.

Eppure nella nostra Regione 372 comuni, il 98% del totale, hanno almeno un'area a rischio di frana o di esondazione, in cui è a repentaglio la vita umana e più di 350mila cittadini vivono in aree potenzialmente a rischio idrogeologico: “Questi sono dati che diffondiamo ormai da anni - rincara Troncarelli -. Nonostante ciò i geologi presenti all’interno degli enti pubblici sono ancora troppo pochi e i liberi professionisti scarsamente impegnati. Siamo stanchi di dover ribadire tutto questo solo quando si verifica una situazione emergenziale, di essere i protagonisti del giorno dopo. Come Ordine dei Geologi abbiamo messo gratuitamente a disposizione la nostra professionalità per lavorare sulla prevenzione e l’informazione del rischio idrogeologico. Siamo alle porte della nuova stagione invernale, quella più delicata e pericolosa per la sicurezza del territorio: evitiamo che anche a Roma e nel Lazio si verifichino tragedie come quelle di Genova. Ci aspettiamo una telefonata dalle istituzioni, noi risponderemo volentieri”.

Cos'è il DEF, Documento di Economia e Finanza

  Il DEF, o Documento di Economia e Finanza, è il principale strumento di programmazione economica e finanziaria dell'Italia. In esso il...