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sabato 29 aprile 2017

Un libro per caso -Il Miniaturista di Jessie Burton

di Francesca Senna

Per introdurvi a questo libro devo dirvi che l’acquisto è stato fatto di getto, principalmente per la sua meravigliosa copertina che ricorda per la particolarità e dettagli un quadro di stile fiammingo. Ma la copertina è stata solo una meravigliosa presentazione, capace di condurmi in un modo fantastico, in un racconto ricco di dettagli affascinanti tali da rendere la lettura un momento di completo rapimento. 
La storia cattura fin dalle prime pagine e, grazie anche ad una scrittura chiara ed elegante, scorre via veloce fino all’epilogo.
In mistero ha la capacità di insinuarsi lentamente nella mente del lettore e della protagonista, grazie ad una efficace, dettagliata – “minuta” – e puntuale caratterizzazione dei personaggi che riescono in questo modo a presentarsi al lettore poco alla volta, pagina dopo pagina, facendo scorgere solo quello che è necessario, fino a scoprirne la vera natura.

L’ispirazione dell’opera nasce da "La casa delle bambole" di Petronella Oortman, opera presente al Rijksmuseum di Amsterdam. Siamo nel periodo del secolo d’oro, laddove superficialità, apparenza, ipocrisia e bramosia ruotano attorno ad una società di mentalità ancora acerba: siamo appunto nella Amsterdam di fine ‘600.
In un giorno d’autunno, la diciottenne Petronella Oortman bussa alla porta di una casa nel quartiere più benestante di Amsterdam, per iniziare una nuova vita come moglie dell’illustre mercante Johannes Brandt.
L’accoglienza in casa Brandt però è tutt’altra da quanto Nella si attendeva: invece del consorte trova la sua indisponente sorella, Marin.
Da questo momento in poi le donne saranno le protagoniste principali di questa narrazione grazie alla loro forza e alle loro paure; donne totalmente diverse ma unite da un unico destino.

Il tanto atteso marito – Johannes -, non presente all’arrivo della giovane sposa in casa Brandt, di ritorno da uno dei suoi tanti viaggi, eviterà accuratamente di incontrarla e di avere contatti con lei, creando così in questa, ansie e angosce notturne.
L’unica attenzione che le riserverà, più per quietare il suo animo che altro, sarà un particolare dono – un regalo di nozze: una miniatura della loro casa alla quale Nella dovrà dedicarsi arredandola a suo gusto e piacimento.

Petronella, nonostante l’inziale confusione perché effettivamente non sa come considerare tale regalo, non si perde d’animo e si rivolge all’unico miniaturista che trova in città. Affascinata da questa enigmatica figura, si creerà tra loro un legame fitto di misteri e ambiguità, basato su un dialogo costruito su un crescendo di tensioni letterarie, dove senza ricorrere a parole, ma attraverso piccoli, straordinari manufatti si racconteranno i misteri di casa Brandt e le falsità di una società solo apparentemente grandiosa. I dettagli di cui il libro è pieno ci lasciano con la bocca aperta: il fascino delle miniature, le particolarità, il senso di angoscia ed incompreso che si accompagna a tali creazioni sono un'eco dei misteri che la nuova famiglia e la società di Amsterdam nascondono.

Una narrazione magica, piena di tensione che si inserisce sulla minuziosa ricostruzione storica della Amsterdam del diciassettesimo secolo, fiorente cittadina mercantile governata da una società bigotta in cui le diversità venivano discriminate o addirittura punite con la morte. Scopriremo così in questo racconto che l’apparenza spesso inganna, perché l’anima di questa città all'apice della sua grandezza è ambivalente, divisa tra dovere e piacere, rettitudine e peccato, avidità e salvezza eterna. Così come ambivalenti sono i suoi abitanti, cosmopoliti ma al contempo dagli orizzonti limitati.
L’autrice, con abili e precise pennellate, riesce a farci percepire odori e rumori, colori, luci e ombre: possiamo percepire l’umidità delle case e le loro penombre; il freddo pungente e il vento che soffia lungo i canali; l’odore delle aringhe, per le viuzze e sulle tavole imbandite; e l’odore delle spezie, e del mare attraverso il quale sono arrivate.


 “Il Miniaturista” è un romanzo intenso, che ammalia e conquista. E’ una storia appassionante in cui non tutto è svelato, luce e ombre disegnano il passato e nutrono il presente. Insomma, un libro degno di essere letto e che sarà in grado di sorprendervi e, soprattutto, ad incollarvi alle sue pagine.

giovedì 8 novembre 2012

Leggere - LA CASA DEI SETTE PONTI


(dal risvolto di copertina) Sull’Appennino tosco-emiliano, non lontano dall’Abetone, c’è una valle stretta e tortuosa, e in fondo una casa, una piccola casa con il tetto coperto di plastica colorata e due comignoli che buttano fumo sempre, estate e inverno. Un industriale della seta torna ai boschi dove un tempo andava a far funghi e la vede, quella casa. Malgrado il fuoco acceso sembra disabitata. È incuriosito. Entra. E lì comincia la sua avventura, che lo strappa alla mesta quotidianità del danaro e del potere per precipitarlo dentro un vertiginoso delirio, che è prova e passaggio, alla scoperta di sé.

Vi sarà capitato sicuramente di percorrere una stessa strada quotidianamente, magari il tragitto casa-lavoro, e all’improvviso notare un dettaglio, come una casa, un muro, un albero, che per anni non avete mai notato. Ecco il romanzo La casa dei sette ponti di Mauro Corona inizia da questo, dalla casa con i comignoli fumanti e dal tetto colorato, perché ricoperto di grossi teli, messi lì probabilmente per proteggersi dalla pioggia e dalla neve. Sembra disabitata, ma i comignoli fumano e d’inverno i colori dei teli non si vedono perché ricoperti dalla neve “[…]solo il fumo con il suo tepore paziente era riuscito a sciogliere un anello di ghiaccio intorno ai camini, come la dolcezza scioglie il broncio ad un permaloso”. La curiosità di sapere chi abita quella casa, porta il protagonista ad avvicinarsi, ma per capire di più deve percorrere un tragitto, attraversare sette ponti. Metaforicamente i ponti sono come le fasi della vita: un’alternanza di gioie e dolori, successi, incomprensioni; sono l’attraversamento della vita e il riprendersi tutti i buoni valori persi. Non importa sapere dove portano questi ponti, l’importante è capire cosa ci lasciano attraversandoli: “[…]I ponti gli piacevano, uniscono separazioni, come una stretta di mano unisce due persone”.
E’ un romanzo breve, una lettura veloce di circa sessanta pagine. Leggendo le critiche nei vari blog in rete, una delle più frequenti è che il prezzo non è proporzionato al numero di pagine: sono convinto che il valore di un libro non è dato dal numero di pagine, ma dal peso che ogni pagina ha e da quanto ogni pagina entri nel profondo del proprio animo.

Mauro Corona classe 1950, è uno scrittore, scultore e alpinista. Vive da sempre ad Erto in provincia di Pordenone, tristemente noto alle cronache per il disastro del Vajont il 9 ottobre del 1963.
Tra i suoi romanzi più conosciuti, ricordiamo Le voci del bosco (vincitore del premio Grinzane – Cavour 2008), Cani, camosci, cuculi (e un corvo) (vincitore del premio Itas – Cardo D’argento 2008, Il canto delle manére, La fine del mondo storto (vincitore del premio bancarella 2011).

Gianni Casciano (gianni.casciano@gmail.com)
ECO 16 è anche ecologia della mente

domenica 28 ottobre 2012

LA MUSICA CON CASCIANO - INTERVISTA AD ANDREA VONA

    Da quando è nato, e oramai siamo entrati nel terzo anno di vita, ECO 16 ha sempre posto una particolare attenzione a tematiche culturali che vanno dal Teatro al Cinema, dai Libri alla Musica, ritenendo che esista anche un'ecologia della persona e della mente che non può e non deve essere trascurata.
Per quanto riguarda la Musica, con il nostro Gianni Casciano, abbiamo guardato oltre i confini del nostro territorio, e si è parlato di personaggi internazionali e di personaggi italiani da Vecchioni a Nicolò Fabi fino a giungere al giovane e talentuoso Giovanni Baglioni, ma è stato guardando in casa nostra che si è scoperto, con una certa sorpresa per i meno attenti, persone di valore, musicisti di talento. Oggi riproponiamo l'ultimo articolo intervista di Casciano ad Andrea Vona, cantante e autore che da poco ha pubblicato il suo ultimo disco.

INTERVISTA AD ANDREA VONA:
"RESTA TUTTO UGUALE"
di Gianni Casciano

 Da quando mi occupo dello spazio musicale di ECO16, ho potuto appurare che i Castelli Romani pullulano di bravissimi musicisti, che nel loro piccolo e con le difficoltà del caso, riescono a pubblicare i loro progetti, e credo sia un dovere per chi ha la passione per la musica, e per l’arte in genere, di parlarne il più possibile. Oggi voglio dedicare questo spazio ad un artista scoperto di recente, che ha tanto da dire e che ha “confezionato” un gran bel disco: “Resta tutto uguale”. Si tratta di Andrea Vona. Ad attirare la mia attenzione è stata la copertina del disco, che come dice lui stesso “…rappresenta il processo evolutivo che non porta ad altro che ad un codice a barre, quindi ad una standardizzazione globale che segue le norme del mercato, degli affari, dei soldi e del potere”.

La copertina del disco, cosa rappresenta?

La prima cosa da fare intanto è ringraziare i miei amici che condividono con me questa bella esperienza musicale: Daniele di Vito, Paolo Cianfanelli, Luca Cianfanelli, Simone Durante e Mauro Bellisario, senza di loro non ci sarebbe stato niente.
La copertina è una foto estratta dal web, e rappresenta, al meglio secondo me, quello che è il tema principale del lavoro, cioè che col trascorrere del tempo il sistema sociale in cui viviamo oggi ci allontana sempre di più dal nostro mondo, bello, naturale, meraviglioso, e dalle nostre identità, e lo fa’ lentamente, grazie ai suoi tanti diabolici stratagemmi: giornali, radio, televisioni, avvenimenti pilotati e bombardamenti psicologici che durano intere generazioni, senza concederci neanche la possibilità di accorgerci di quello che ci succede… così abbiamo questa raffigurazione, c’e’ questo processo evolutivo che non porta ad altro che ad un codice a barre, quindi ad una standardizzazione globale che segue le norme del mercato, degli affari, dei soldi e del potere.
Perché questo disco?
Da tanti anni sono affascinato dalla ricerca delle strutture più profonde del sistema, del perché ci facciamo manipolare così facilmente, del fatto che accettiamo in modo incondizionato qualsiasi cosa ci venga proposta da un’ autorità… sentivo il bisogno di comunicare in qualche modo il malessere di una società in decadenza… una società basata sul denaro e sugli interessi personali, una società che trasforma i nostri cervelli in codici a barre, appunto, tanto che quando ci si incontra per strada e ci si domanda cosa fai nella vita, si risponde automaticamente il lavoro che si sta svolgendo in quel periodo, come fossimo noi stessi quel lavoro… eccoci, programmi senzienti che servono, con anni e anni di faticoso lavoro e tempo sprecato, a creare denaro e potere a favore di un numero incredibilmente esiguo di individui. Ovviamente questo non tocca tutte le persone di questo pianeta… ma comunque un numero impressionante di unità. Quasi la totalità dei lavori, anche quelli che sembrano essere importanti, sono in realtà socialmente inutili, non portano nulla a livello di benessere, gioia, tranquillità, divertimento, salute, creatività, emozione, ma solo soddisfazione economica, per quei pochi che ne possono “godere”, e che servono solo a contribuire all’aumento del PIL di un determinato paese, o meglio, a far sì che il PIL di quel paese possa aumentare ad ogni costo, sicuramente calpestando i bisogni primari delle persone riducendole alla fame in un altro punto del globo. Ovviamente questo è un mio punto di vista, ed è opinabile da chiunque, si chiama libertà di pensiero, ma c’e’ una cosa che in se stessa è già un dato di fatto: cioè che viviamo in una situazione dove un infermiere o un vigile del fuoco non riesce a pagarsi il mutuo (e non stiamo qua a disquisire sui mutui, altrimenti tutto il giornale non basterebbe neanche per l’introduzione all’argomento), e uno che lavora in borsa, e che investe sui debiti delle persone, o che guadagna soldi dai soldi (quale senso può avere un simile concetto) può godere di un bonus vitae pressoché illimitato, quindi le distorsioni ci sono, e sono gravi. Insomma, pochissimi lavorano per sé e per la propria comunità, le masse lavorano esclusivamente per asservire, mantenere e perpetuare il sistema stesso. questo mostro che grazie alle sue istituzioni, norme e regole addormenta e addomestica le persone, e ci costringe alla fine, a difendere con tutte le nostre forze la nostra infelicità. Questo è nel disco, con testi abbastanza ermetici, che lasciano a volte anche diverse interpretazioni a seconda dell’ascoltatore e dello stato d’animo con cui si ascoltano, ma il nostro live è incontrovertibile, è diretto, con proiezioni ed estratti audio che attestano e dimostrano la situazione attuale delle cose.
Una domanda che sembra scontata ... come definiresti Andrea Vona cantautore?
Io penso che tutte le risposte alle nostre domande, tutte le soluzioni ai nostri problemi, i vari graal e gli elisir di lunga vita risiedono solo dentro noi stessi, e se intorno a noi, al di fuori c’e’ questa follia, questa disparità, questa violenza, se nel mondo più della metà della popolazione globale in questo momento vive in condizioni estreme di povertà, significa che ben pochi di noi si conoscono nel profondo… e sicuramente, non mi vergogno di dirlo, io sono uno di quelli, ma direi, per risponderti nel modo più semplice che mi viene, che Andrea Vona è una persona che sta cercando di capire, e capire non è mai semplice per nessuno.
Oltre ad essere un cantautore, ti esprimi anche attraverso la pittura … come definiresti Andrea Vona pittore?
Le tele che dipingo si portano dietro lo stesso discorso musicale, ci sono queste ombre, che sono quasi sempre protagoniste della scena, che vagano in paesaggi scarni, quasi onirici, e cercano di trovare qualcosa, come una persona che cerca se stessa e non riesce a trovarsi… a volte si vede il buio, a volte uno spiraglio di luce, a volte il sole splende in tutta la sua forza, un po’ quello che ci succede nella vita. Non c'e' tecnica, non sono uscito da nessun istituto d'arte e non ho nessun attestato di pittura. Mi interessa che, grazie al fatto che il significato non è sbattuto in prima pagina, ma rimane ermetico all’interno del dipinto, ogni persona può vedere ed interpretare a suo modo quello che vede.
C'è un brano più di altri a cui sei legato in questo progetto e che magari lo rappresenta?
Non c’e’ un brano che ritengo sia il migliore dell’album… non sono neanche uno di quelli che pensano che sia un grande album, grande musica eccetera, ho superato questo modo di pensare da tanto tempo, è solo un lavoro musicale come tanti, e sono molto critico sui miei lavori. C’e’ una canzone ,come dici tu, a cui sono molto legato, si intitola senza aria, ma solo per il fatto che quando l’ho scritta non immaginavo neanche dell’esistenza di certe realtà nascoste, e invece, oggi, a distanza di tanto tempo ed esperienze, l’ho potuta inserire nell’album, senza problemi e senza cambiare neanche una parola… a testimonianza del fatto che ero già predisposto a certi argomenti……
Visto che il tema del disco è appunto il codice a barre, un processo evolutivo, una standardizzazione globale che segue le norme del mercato .. dei soldi e del potere: questa crisi che stiamo vivendo può avere anche un lato positivo, ovvero portarci a capire che possiamo fare a meno del superfluo? Quindi ristabilire i giusti livelli dei valori e che non tutto è indispensabile?
Hai ragione… Einstein diceva che è proprio dalle crisi che nascono i più grandi risultati… tocchi un punto focale… adesso possiamo capire cosa è il superfluo…cioè quella cosa che in sostanza permette al sistema economico di essere ciclico, quindi di infondergli linfa vitale… certo, bisogna vedere l’uso che si fa di un determinato bene, ad esempio, un pc, se usato per giocare, che so, a Doom, potrà rivelarsi sì, superfluo, ma se usato per documentarsi in rete o per fare musica, lavoro in generale o radio, allora diventerà un mezzo di condivisione mondiale… che dire degli strati gerarchici del discorso… per noi superfluo potrebbe consistere in una bella macchina, o in un telefonino da mille euro, per qualcun altro ancora una placcatura di oro sul water, o sui rubinetti, o un orologio da 50000 euro, chi vive in povertà, invece, probabilmente non conoscerà neanche il significato di tale termine… ma nessuno è apparentemente colpevole e demonizzabile, almeno all’interno della società odierna… eh si… perché la società stessa, attraverso le sue regole, legalizza questo modo di vivere, le coscienze di noi occidentali vanno a ripulirsi magari con l’otto per mille alla chiesa o con un po’ di beneficenza telematica… o a urlare i nostri diritti di esseri umani con qualche manifestazione contro chi ci ha toccato le tasche per ultimo, ma la verità è che il burattinaio è sempre lì, e sorride dietro le quinte e incassa sempre tanti soldi… quello di cui avremmo veramente bisogno come esseri umani, tutti, è aria pulita, acqua pura, cibo, tetto e vestiti… e tecnologia usata per il bene di tutti, non a scopo militare, e il sistema si difende da questo incubo impiantando la parola “utopia” nelle menti delle genti… e servirebbe così poco tempo e così poco denaro, se veramente ce ne fosse bisogno, per tutti, nessuno escluso, e invece trascorriamo il nostro tempo a salvare banche, perpetuare guerre, e affondare e impoverire intere popolazioni, i colpevoli siamo soltanto noi, e speriamo di accorgercene presto.
In una tua biografia in rete ho letto che non hai mai partecipato a cover band per principio ... cosa intendi?
Non ho assolutamente nulla contro le cover, anzi mi piacciono, ma solo quando portano con sé il segno, la personalità, l’immaginazione di chi le suona. Perché, dico, suonarle identiche a come sono… ci sono già, sono lì, basta accendere uno stereo per ascoltarle, discutiamo al limite sulle casse, o sullo stereo, sul valore o la marca, ma non sui brani , sono lì. Addirittura oggi col web ci danno innumerevoli versioni live di qualsiasi pezzo vogliamo ascoltare, dai più famosi ai più rari. Per me cover significa ad esempio Tori Amos che suona al piano i Nirvana, o i Perfect Circle che rifanno immagine di John Lennon, mentre cover- band, se non è per puro esercizio musicale, significa ritornare al codice a barre, mi dispiace, lo sento come un dato di fatto… ci sarà pure chi ama un gruppo a tal punto da volerlo emulare, ma per la maggior parte, per i più sani questo è sicuramente un buon modo di arrotondare lo stipendio, visto che oggi i locali per portare gente all’ interno e per guadagnare il più possibile ospitano quasi esclusivamente cover-band di gruppi famosi, anche qui, come nella nostra società, vedo i soldi come il più grande dei freni evolutivi. Rispetto da parte mia a chi ha intrapreso questa strada, visto che molte volte si tratta di musicisti bravissimi, è una scelta, ma è solo un lavoro, anche se magari più piacevole di un altro.

Vi terremo informati sui prossimi appuntamenti live di Andrea Vona.

Vedi e sfoglia anche ECO 16 dov' è stata pubblicata l'intervista a Vona e un bell'articolo su Giovanno Baglioni


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