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venerdì 20 marzo 2020

IL 22 MARZO È LA GIORNATA MONDIALE DELL'ACQUA

Domenica 22 marzo verrà celebrata la giornata mondiale dell’acqua. 

Molte volte sulle pagine di ECO16 abbiamo parlato di acqua per denunciarne gli sprechi, e la gestione che spesso non ci piace, il problema del suo inquinamento e quello gravissimo della sua sempre maggiore carenza, specie in certe zone del pianeta e anche d’Italia.

Proprio in occasione della prossima giornata dell’acqua, l’Istat ha fatto uscire le ultime statistiche su prelievi, consumi e sprechi in Italia.

Il dato che mi da più fastidio è che il 37,3% del volume di acqua immesso nelle reti dei capoluoghi non raggiunge gli utenti ma viene disperso a causa di una rete vecchia e spesso fatiscente, praticamente un colabrodo. Poi succede che durante la stagione estiva l’acqua venga a mancare in molte zone del Paese e si moltiplicano gli appelli (giusti) ai cittadini a non sprecarla perché bene prezioso! Diciamo che sarebbe opportuno che fosse considerata bene prezioso anche prima che sgorghi dai rubinetti delle case. Comunque un piccolo passo in avanti c’è stato visto che nel 2016 la dispersione era del 39%.
Un altro aspetto interessante e grave è che il 29% degli italiani non si fida a bere l’acqua del rubinetto (nel 2002 era oltre il 40%) e preferisce acquistare l’acqua minerale in bottiglia. A parte i casi di luoghi dove effettivamente l’acqua non è buona, che sono decisamente pochi, mi sembra un assurdo spendere denaro per comprare acqua in bottiglia, trasportarla fino a casa, avere poi l’onere di smaltire la plastica. Plastica che troppe volte viene semplicemente abbandonata nell’ambiente e nei nostri mari.

Per approfondire, QUI si può leggere il report integrale delle statistiche Istat sull’acqua di quest’anno che fa riferimento al periodo 2018 2019

Fabio Ascani

martedì 11 febbraio 2020

Sviluppo sostenibile. La fragilità della Terra vista dallo Spazio

Accade che l'uomo per soddisfare i propri bisogni modifichi l'ambiente nel quale vive, impatta sul pianeta lasciando un’impronta che può essere più o meno profonda. 

Secondo un concetto ormai condiviso, lo sviluppo sostenibile è quello in cui la crescita non mettere in pericolo la salute del pianeta e di tutte le specie che vi abitano salvaguardando le possibilità delle generazioni future di crescere anch’esse e di vivere in un mondo sano.
L’impronta che oggi l’umnità imprime sulla terra è pesantissima, eppure dovrebbe essere di tutti la consapevolezza che il Pianeta Azzurro, nella sua grandezza e forza, soffre il continuo “attacco” delle attività umane.

Luca Parmitano, primo italiano al comando della Stazione Spaziale Internazionale, è rientrato da pochi giorni dallo spazio, dove, all’interno della stazione orbitante poteva vedere e fotografare la terra. Queste alcune sue toccanti parole alla conferenza stampa a Colonia di rientro dalla missione Beyond: Pensi di conoscere il pianeta, poi lo vedi da lontano e ti rendi conto che è un sistema vivente. Le nuvole che si muovono con il vento sono il suo respiro, l'acqua dei fiumi e degli oceani è il suo sangue. Dalla quota di 440 chilometri vediamo la fragilità del nostro pianeta e ci rendiamo conto che l'atmosfera è davvero sottile. Da lassù ho visto uragani di intensità notevole, come quelli che hanno colpito le Bahamas e Puerto Rico; ho visto anche i fuochi delle foreste amazzoniche, quelli dell'Africa e da settembre a gennaio ho fotografato i fuochi che hanno tinto di rosso l'AustraliaMa l'elemento più fragile siamo noi – ha aggiunto Parmitano - perché la vita continuerà ben oltre la capacità dell'uomo di superare i danni che sta causando. La vita continuerà, ma non è detto che ci sia ancora l'uomo: se vogliamo esserci è il momento di agire.

Forse tutti dovrebbero dare uno sguardo al nostro pianeta come possono fare gli astronauti per renderci conto che dobbiamo alleggerire la nostra impronta su di esso. La nostra unica casa, la Terra, merita maggiore rispetto e cura. Non capirlo è semplicemente da pazzi. 

Se pure non possiamo andare nello spazio ad ammirare la terra è sempre possibile guardare in diretta le immagini in HD riprese dalla Stazione Spaziale: basta seguire lo streaming qui sotto. Magari questo sguardo da lontano, paradossalmente, può farci sentire più vicini ad essa.

lunedì 23 dicembre 2019

Auto elettriche e auto tradizionali

Che un’auto elettrica inquini meno di un’auto diesel o a benzina appare quasi un dato scontato. Ma è davvero così? Possiamo dire che le auto elettriche non inquinano?
Mettiamo i puntini sulle “i”. Le automobili inquinano tutte, anche quelle a trazione elettrica ma a quanto risulta da studi molto seri inquinano meno. I risultati di un’indagine condotta dal prof. Sandro Furlan della Scuola Superiore Enrico Mattei dell’Eni e dal prof. Michele Giugliano del Politecnico di Milano, per esempio, mostra che i costi causati da 200 mila auto elettriche con percorrenza annua di 5 mila km sono comunque almeno 3 volte inferiori a quelli causati dallo stesso numero di auto a combustibili tradizionali. Questi costi sono stati calcolati comprendendo parametri quali il rendimento dei motori, costi di estrazione e lavorazione delle fonti energetiche, costi di produzione e demolizione dei veicoli, smaltimento di loro componenti (batterie), emissione e dispersione nell’aria delle sostanze tossiche, loro impatto sulla salute, sui raccolti agricoli.

C’è poi da considerare il contesto nel quale le auto vengono usate. Nelle città, dove la concentrazione di traffico è certamente più alta che in altri contesti, il vantaggio dell’uso delle auto elettriche è evidente, permettendo un notevole guadagno in termini di qualità dell’aria e di riduzione dell’inquinamento acustico.

Rimangono alcune questioni fondamentali da superare. La prima riguarda il prezzo di questi veicoli, ancora decisamente non alla portata di tutti. Poi c’è la questione della scarsa autonomia, specie se paragonata alle altre vetture. Inoltre non è secondario l’ostacolo dei tempi e dei punti di ricarica: un’auto a trazione elettrica può avere bisogno di diverse ore per essere ricaricata totalmente; i punti di ricarica sono ancora molto rari. Chi possiede un’auto elettrica oggi, generalmente ha anche la possibilità di ricaricarla da casa, dal proprio box auto o dal posto auto adiacente l’abitazione. Questo esclude evidentemente coloro che non hanno queste opportunità, che sarebbero quindi costretti a usufruire esclusivamente di servizi messi a disposizione da terzi, con gli eventuali costi aggiuntivi che ne derivano. Ciò non toglie che, agli attuali prezzi dei carburanti, la spesa media per l’energia con un’auto elettrica, calcolata a 25000 km, può essere di due o tre volte inferiore.

(fonte grafico https://luce-gas.it)

Risolvere le questioni elencare è fondamentale se davvero si vuole una seria trasformazione dell’attuale parco macchine in uno meno inquinate per le nostre città. Ciò che è probabile è che con il tempo e la costante evoluzione tecnologica, si evidenzino anche altri sistemi per la trazione dei nostri veicoli e nuovi modi e abitudini più sane di trasporto delle persone.

sabato 23 giugno 2018

ECO 16 da oggi in poi

ECO 16, nelle intenzioni di chi l’ha pensato, è un blog non più votato alle vicende più o meno limpide delle politiche locali dei Castelli Romani ma vuole indirizzarsi sempre di più verso argomenti slegati dal criterio di vicinanza fisica per abbracciare maggiormente quelli relativi al criterio di vicinanza intellettuale. Allora gli argomenti principe saranno l’ambiente, i libri, la salute, la musica, il cinema il teatro e, perché no la televisione, la radio, il web, la comunicazione in generale. Mi piacerebbe condividere anche qualche riflessione sull’attualità economica e politica in generale ma facendolo dal punto di vista etico ed estetico. 
Cosa fondamentale è che ECO 16 non è un blog scritto da una sola persona ma a più mani e per questo gli articoli, come solo alcune volte già accadeva, d’ora in poi saranno sempre firmati, a meno che non siano comunicati stampa (scelti sempre con i criteri sopra esposti) e allora avranno la dicitura “riceviamo e volentieri pubblichiamo”.

Fabio Ascani

lunedì 21 maggio 2018

Acqua: in bottiglia o dal rubinetto? L'Italia è al 5° posto in Europa per qualità dell'acqua potabile erogata


In Italia l’acqua che esce dal rubinetto è buona, molto buona, tanto che siamo al 5° posto in Europa per la sua qualità. Eppure siamo al terzo posto nel mondo fra i consumatori di acqua minerale in bottiglia.
Il direttore dell’Irsa, l’istituto del Cnr che si occupa dell’acqua, Vito Felice Uricchio, ha spiegato all’Ansa, l’agenzia giornalistica, che in Italia possiamo bere l'acqua del rubinetto tranquillamente, e che anzi, molte volte è migliore delle acque minerali. Infatti quella che esce dal rubinetto di casa è molto controllata, ci sono prelievi su tutta la filiera, dalla captazione alle tubazioni che arrivano nelle nostre case. E poi i limiti di legge per le sostanze disciolte sono più rigidi per l'acqua potabile che per quelle minerali.
La qualità delle nostre acque potabili, precisa l’Ansa, deriva dal fatto che la maggior parte, ben l’85%, delle nostre fonti di approvvigionamento è da falde sotterranee che garantiscono una migliore qualità rispetto alle acque di superficie.
In Europa hanno acqua giudicata migliore della nostra soltanto Austria, Svezia, Irlanda e Ungheria, eppure siamo grandissimi consumatori di quella in bottiglia, ben 208 litri pro capite l’anno, contribuendo così ad aumentare la montagna di plastica che sta invadendo sempre più l’ambiente, per di più spendendo un bel po' di soldi.
Più degli italiani consumano l’acqua in bottiglia soltanto il Messico con 264 litri e la Thailandia con 246.

Quello che penso è che amministrazioni e gestori idrici dovrebbero impegnarsi un po’ per pubblicizzare questo bene così importante e, a quanto pare, così buono. I produttori di acque minerali inondano televisione, radio, giornali e web di pubblicità di acque che fanno fare “plin plin” e “rendono più belli” e ovviamente la persone ci credono e la comprano, dimenticando che dai loro rubinetti di casa esce un’acqua che molte volte è migliore, buona e più sana di quella che si acquista al supermercato.

In fondo basterebbe qualche manifesto per le strade a ricordarci quanto buona e ecologica sia l’acqua del rubinetto. Poi, quando riceviamo la bolletta, non sarebbe male avere informazioni dettagliate sulla qualità dell’acqua per la quale paghiamo, così come fanno gli imbottigliatori sulle loro etichette. E se è vero sporadicamente che in alcuni comuni l’acqua non è sempre buona, è anche vero che questi sono una minoranza. Un po’ di sano marketing e un po’ di corretta informazione che dissipi i dubbi legittimi dei consumatori, potrebbero far molto bene all’ambiente e al portafoglio.
Allora mi faccio una domanda: perché amministrazioni, municipalizzate, gestori idrici, che certo non sono gestiti da sprovveduti, non fanno tutto questo o lo fanno in misura evidentemente insufficiente?
Qualche sospetto l’avrei e penso di non essere l’unico… “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”.


lunedì 22 gennaio 2018

Ambiente - Dimezzate le foreste europee negli ultimi 6000 anni. Forse è ora di invertire la tendenza.

Se mi immagino il pianeta del futuro, con un po di ottimismo, lo vedo verde, ricco di alberi, con foreste lussureggianti... Ma in realtà questo era il passato. 

Non tutti sanno che “circa 8.000 anni fa, uno scoiattolo avrebbe potuto oscillare da un albero all'altro da Lisbona a Mosca senza toccare terra”. Oltre la metà delle foreste europee è scomparsa negli ultimi 6.000 anni per il disboscamento dovuto all'agricoltura e al fabbisogno di legname.
Questi dati giungono dalla ricerca sugli antichi pollini raccolti in oltre 1.000 siti e pubblicata sulla rivista Scientific Reports, a cura del gruppo guidato da Neil Roberts, dell'università britannica di Plymouth.

La maggior parte dei paesi, si legge nello studio, attraversa una transizione forestale. Il Regno Unito e l'Irlanda hanno raggiunto il minimo delle loro foreste circa 200 anni fa. Altri paesi in Europa ancora non hanno raggiunto quel punto, e alcune parti della Scandinavia - dove non c'è stata mai grande dipendenza dall'agricoltura - sono ancora prevalentemente forestali. Ma in generale, la perdita delle foreste è stata una caratteristica dominante dell'ecologia dei paesaggi in Europa, con conseguenze per il ciclo del carbonio, il funzionamento degli ecosistemi e la biodiversità .

Questa grande perdita di foreste potrebbe essere vista soltanto come un dato negativo ma, è scritto nella ricerca, alcuni dei nostri habitat più apprezzati si sono verificati attraverso l'apertura di foreste per creare erba e brughiera.

I dati della ricerca potrebbero essere potenzialmente utilizzati per capire in che direzione le future iniziative forestali potrebbero influenzare il cambiamento dell'habitat.

Certo non riesco neanche ad immaginare quanto possa essere cambiato il paesaggio in Europa nel corso dei millenni, ma certo mi viene di pensare al mio Paese, all’Italia, ma anche a tanti altri del Vecchio Continente, dove molto, anche recentemente si è deforestato e dove gli incendi, spesso dolosi hanno contribuito a diminuire il patrimonio boschivo. In alcuni luoghi, non solo italiani, la deforestazione ha prodotto danni gravissimi al suolo, impoverendolo e rendendolo fragile preda degli eventi atmosferici, lasciandoci in balia dei nefasti rischi idrogeologici, per non parlare del peggioramento della qualità dell’aria.
http://www.eco16.it/2017/09/un-libro-per-caso-luomo-che-piantava.html    


Non dico che si dovrebbe tornare alle foreste di seimila anni fa ma certo sarebbe il caso di invertire la tendenza e rimboschire l’Italia e l’Europa ovunque si possa, magari facendoci ispirare  dal quel bellissimo libriccino intitolato L’Uomo che Piantava gli Alberi di Jean Giono.

Cos'è il DEF, Documento di Economia e Finanza

  Il DEF, o Documento di Economia e Finanza, è il principale strumento di programmazione economica e finanziaria dell'Italia. In esso il...