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sabato 14 aprile 2018

Un libro per caso - Gli occhi dell’eterno fratello di Stefan Zweig

di Francesca Senna
"Questa è la storia di Virata che il suo popolo glorificò con i quattro nomi della virtù ma di cui non è scritto nelle cronache dei dominatori né nei libri dei saggi e la cui memoria gli uomini hanno dimenticato".
Ci troviamo di fronte ad una piacevolissima lettura, caratterizzata da una particolare sospensione fra Oriente e Occidente, fra mito e realtà, il tutto magistralmente espresso da questo grande scrittore attraverso un racconto breve ma intenso, una narrazione dal respiro ampio, in cui palpitano il divino e una natura incantata. 
Protagonista indiscusso del racconto è il concetto di Giustizia e la difficoltà o l’impossibilità di trovare il modo di applicarla con equità, senza che alcuno venga a soffrire per le scelte fatte da altri; fino ad arrivare alla fine di questo percorso in cui il protagonista matura in se la consapevolezza che l’unico modo di vivere senza far soffrire nessuno è di servire un altro. 
Il testo narra di una leggenda indiana avente per protagonista un nobile e antico guerriero di nome Virata, che nel corso di una cruenta battaglia, uccide involontariamente suo fratello (l’eterno fratello del titolo), il cui sguardo accusatore tornerà a tormentarlo negli occhi di qualsiasi vittima dell'ingiustizia del mondo. A seguito di questo evento egli giura di non impugnare mai più un’arma. 
Nel decidere di rinunciare a qualsiasi sopraffazione e violenza, il guerriero nel corso del racconto man mano si astiene da tutti gli incarichi e le responsabilità che gli vengono affidati ufficialmente: rifiuta ogni guerra e spargimento di sangue, perché "chi partecipa al peccato di dare morte è lui stesso morto", rifugge dall'esprimere giudizi e dal condannare; sceglie la passività che possa garantirgli l'innocenza, assumendo su di sé la natura di "morto nella vita e vivo nella morte", consapevole che ogni potere incita all'azione, e ogni azione interferisce nel destino degli altri uomini.
Allora rinuncia anche al suo ruolo di saggio e va a fare il guardiano dei cani e in questo ruolo infine morirà solitario e dimenticato da tutti, ma probabilmente felice o almeno in pace con se stesso. L'estrema liberazione dall'imposizione di sé si può scoprire soltanto nell'umiltà delle mansioni più modeste e disprezzate, perché "solo chi serve è libero".
L’autore durante tutta la narrazione, sin nei dettagli più piccoli, è desideroso di condividere con il lettore la sua visione etica della vita, per cui ogni scelta ha conseguenze imprevedibili e pericolose, che ricadono necessariamente sull’individuo responsabile, il quale non si deve limitare ad accettare l’usuale andamento delle cose, ma deve operare sempre delle scelte consapevoli.
Solo dalla presa in carico della direzione della propria vita, nel bene e nel male, in ricchezza e, soprattutto, povertà, Virata – e da qui l’uomo nel più ampio senso di Umanità - ottiene quella che è oggi banalmente chiamata ‘illuminazione’.

venerdì 20 ottobre 2017

Un libro per caso - Mendel dei libri di Stefan Zweig

 di Francesca Senna
Il racconto scritto nel 1929, si compone appena di cinquantatré pagine, una breve novella, dove la penna di Zweig è come sempre rigogliosa, abbondante di aggettivi, che abbracciano stati d'animo e riflessioni; il linguaggio è sempre elegante e desidera mantenere decoro e compostezza in ogni situazione narrata, anche sulle tematiche più calde e dolorose. I suoi racconti sono così semplici da risultare difficili da riassumere e recensire, lasciano un senso di spossatezza, di angoscia, di inutilità.
Il racconto contiene un profondo messaggio d’amore per le lettere, viste come strumento necessario per innalzarsi ad un livello più alto dell’esistenza. Per questo ci offre  il ritratto di questo personaggio a metà tra genialità, magia e surreale: Mendel dei libri.
Siamo a Vienna, seconda metà degli anni venti. Il personaggio narratore si rifugia in un caffè di questa città per ripararsi da un acquazzone; nonostante l'arredamento rinnovato del locale riconosce il vecchio «Caffè Gluck» e gli torna alla mente Jakob Mendel, un povero venditore di libri usati, conosciuto circa vent’anni prima, che soggiornava in quel caffè e possedeva delle straordinarie facoltà mnemoniche. Un piccolo uomo che se ne stava seduto a un tavolino di marmo, fermo e impassibile, con lo sguardo ipnoticamente incollato a un libro, dondolandosi avanti e indietro e cantilenando, come alla scuola ebraica gli avevano insegnato.
La sua memoria è straordinaria, conosce ogni libro che sia stato pubblicato, consiglia titoli per ogni argomento gli venga proposto e riesce a procurarsi anche testi apparentemente introvabili. La sua conoscenza prodigiosa e leggendaria si accompagna ad una vita modesta, fatta di piccole abitudini. Non trasforma però la sua passione in fonte di guadagno, non ne trae compensi, se non l’ingenua soddisfazione si riuscire a dare risposte dopo che esimi bibliotecari hanno alzato le braccia: «di qualsiasi opera, di quella apparsa ieri come di quella risalente a due secoli fa, al primo colpo sapeva esattamente il luogo di pubblicazione, l'autore, il prezzo (nuovo e usato) di ogni libro (...) e anche questi libri poi, lui non li leggeva (...): solo il titolo, il prezzo, la veste editoriale, il frontespizio muovevano la sua passione».
Apprezzato da studiosi e bibliofili e rispettato dal personale del «Caffè Gluck», a cominciare dal signor Standhartner il proprietario, sempre assorto nei suoi libri, Mendel ignorava le vicende che si svolgevano attorno a lui.
Il narratore vent’anni dopo non trova però traccia di Mendel nel «Caffè Gluck», che peraltro ha cambiato gestione. Solo la signora Sporschil, la custode della toilette, gli racconta la fine di Mendel.
Mendel era rimasto assorto nel suo lavoro anche dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, un evento di cui probabilmente non si era reso conto, “Perché lui leggeva come altri pregano, come i giocatori giocano e gli ubriachi, intontiti, fissano il vuoto: leggeva in modo talmente assorto, con un tale rapimento, che da allora il resto del mondo mi è sempre parso profano.”
Alla fine di una serie di strane e apparentemente assurde vicissitudini Mendel viene intercettato dai militari austriaci che lo fermano, in quanto scoprono che è un ebreo polacco senza cittadinanza. Viene quindi internato a Komorn. Solo dopo alcuni anni può ritornare a Vienna  grazie all'intercessione di alcuni suoi clienti importanti; ma i patimenti subiti nel periodo di internamento gli avevano fatto perdere la sua prodigiosa memoria e la sua capacità di discernimento.
Di nuovo, come in altri scritti di Zweig, anche in questo libro viene data particolare importanza alla mente del protagonista per via della sua incredibile capacità di immagazzinare qualsiasi informazione relativa a saggi, trattati, romanzi, insomma, ogni cosa che avesse un formato cartaceo.
Nella brevissima presentazione che accompagna il racconto si sottolinea la dichiarazione d’amore e di appartenenza alla letteratura fatta dall’autore, con questo personaggio che, con la sua memoria, sembra voler mettere in salvo i libri dall’umana follia che di lì a pochi anni avrebbe sconvolto il mondo, tanto che nella figura di Mendel, padre, fratello e amico dei libri, sembra racchiusa quella che verrà imputata a Zweig come una premonizione degli orrori del Novecento.
Un amore per la conoscenza libero da ambizioni; un racconto sull’estasi della lettura, quel processo che porta al piacere assoluto dell'estraniazione, a prescindere dal contenuto dell'oggetto d'interesse. Una concentrazione assoluta, al punto da non accorgersi di quanto accade intorno a sé, al punto da non accorgersi che la guerra sta trasformando il mondo rendendolo un posto dove non c’è più spazio per i sogni senza lucro, non c’è più devozione per la saggezza, non c’è più rispetto per gli antichi valori.

Una storia delicata e malinconica; e un invito ad essere, come Mendel, custodi della cultura e della memoria.

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  Il DEF, o Documento di Economia e Finanza, è il principale strumento di programmazione economica e finanziaria dell'Italia. In esso il...