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venerdì 29 giugno 2018

Musica - Andrea Vona TRA UN MILIARDO DI ANNI

Non tutti lo sanno ma ai Castelli Romani, ad Albano Laziale, c’è una persona, giovane e piena di talento che scrive libri, compone musica, suona dal vivo e incide dischi. Andrea Vona ha da poco pubblicato il suo ultimo lavoro musicale e ce lo comunica con un post su Facebook:

È nuovo come una banconota appena stampata. Il suo nome è "TRA UN MILIARDO DI ANNI".

Vi ringraziano, se lo ascolterete, Daniele Di Vitoalle chitarre, Daniele Prisco alle batterie, Mauro Chiappa ai bassi, Sara Iacoboni che ha scattato le foto, Midria ed Egidio Amendola che hanno curato la grafica.
Badate bene che le 11 canzoni che sono lì dentro non stanno nella pelle e vogliono essere ascoltate!


Per le copie del disco contate in privato Andrea.
di Fabio Ascani

mercoledì 3 febbraio 2016

Un Libro per Caso - STONE NAME di Andrea Vona

di Francesca Senna
Mi sono avvicinata a questo libro senza sapere nulla dell’autore né del genere con cui mi sarei andata a confrontare.
Ho incontrato Andrea per caso. In un contesto di “un giorno di ordinaria follia”: fine di una giornata lavorativa pensate, traffico ecc… ma la curiosità di avere questo testo che era riuscito a stimolare più di un lettore era troppo forte.
Mi sono trovata di fronte ad un ragazzo emozionatissimo.
Ma di fatto non so’ dirvi se era più emozionato lui, di dare ad una emerita sconosciuta il frutto dei suoi sforzi, o io, lettrice compulsiva che stava per strappargli dalle mani un inedito.
Di fatto non mi disse nulla di quello che avrei trovato nel testo, se non “poi me lo dirai te cosa c’è qui dentro” … una bella sfida signori, veramente una bella sfida.
Stone Name ritengo possa benissimo appartenere a quella serie di romanzi del periodo letterario distopico dove, 1984 di Orwell e Fahrenheit 451 di Bradbury ne rappresentano la massima espressione come genere letterario. Questa corrente letteraria, comparsa in Europa tra il primo ed il secondo dopoguerra, si caratterizzava da un profonda crisi dei valori.
I personaggi descritti da Andrea sembrano in effetti simbolo di una alienazione sociale dovuta ad una sorta di mancanza di riscontro tra la società in cui sono inseriti e le aspettative del singolo.
C’è l’artista incompreso, con un fallimento familiare alle spalle: il pittore che cerca di rappresentare sulla tela i veri volti degli esseri umani che incontra casualmente ogni giorno. Quello di cui viene accusato, dal suo amico di vita e di avventure, è il non riuscire a portare a termine le sue opere oltre allo sconsiderato utilizzo di toni sempre troppo scuri.
Le sue opere sono macchie di colore dalle quali dovrebbero sorgere questi volti. Volti che non sono altro che la manifestazione delle forti emozioni che caratterizzano le singole persone.
Abbiamo poi il fannullone, amico di vita del pittore, del quale non sappiamo praticamente nulla se non che vive da perdigiorno, non si sa come, senza né arte né parte.
Questo personaggio misterioso, musa ispiratrice del pittore (come lui stesso si definisce nell’arco del racconto) si rivelerà fondamentale per lo svolgimento dell’intreccio della storia.
In ultimo abbiamo il proprietario del bar, uomo apparentemente realizzato, che ha puntato tutte le proprie risorse economiche e le scelte di vita sull’acquisto e gestione di un bar; ma che ora si trova a svolgere questa attività senza passione, demotivato e senza prospettive di miglioramento.
Questi personaggi vengono catapultati di punto in bianco all’interno di una realtà distopica, di una società spaventosa, senza tempo, nella quale gli esseri umani si ritrovano privati di tutto, fino al massimo estremo negativo, dove quello che di punto in bianco si presenta davanti agli occhi di questi anti eroi è altamente indesiderabile, nonostante loro stessi non sembra se ne rendano effettivamente conto.  
Viene quindi descritta una realtà immaginaria e futuristica, nonostante la assenza di connotazioni temporali esplicite, in cui quello che accade sembra quasi una punizione per quanto presente nella società attuale ed i suoi pericoli. Una specie di società futura o futuribile in cui una sorta di autorità non ben definita pretende di controllare ogni aspetto della vita umana, descrivendo la società umana sull'orlo del disastro: in questo caso la fine della civiltà, che nella narrazione esiste ancora, viene avvertita come imminente e necessaria.
La stessa natura, la vegetazione sembra essere concorde con questa scelta di distruzione poiché non perde tempo a prendere il sopravvento su quelle che erano le manifestazioni della “potenza” umana.
Assecondando l’onda del filone della fantascienza sociologica vi possiamo far rientrare questo testo dove la fantascienza viene calata nel contesto sociale contemporaneo; dove l'accento viene posto su ipotetiche evoluzioni future della società umana o di alcuni elementi del vivere sociale; il risultato sembra essere una visione critica del presente e delle aspettative illusorie umane.
Incredibile nella descrizione è la capacità dei personaggi coinvolti di non abbattersi di fronte a tale crisi che li sta colpendo. La volontà di sopravvivere ha comunque il sopravvento rispetto alla negatività della situazione in cui si vedono catapultati. Il desiderio di poterne uscire indenni li spinge comunque ad atti che vanno oltre quelli che potevano sembrare i loro limiti umani.
Affascinante, in questa parte del romanzo, l’espressione delle competenze manifestata dall’autore. Troviamo tecnicismi in campo nautico, astronomico, fisico ecc, che mettono in chiaro come la stesura dell’opera non sia stata fatta di getto ma sia il risultato di un lavoro di impegno protratto nel tempo.
Il tutto accompagnato da uno stile semplice e lineare che ci permette di apprezzare ancor di più il messaggio filantropico che l’autore vuole inviarci.
Potrei spendere molte più parole su questo testo molto affascinante ma, il mio scopo è l’incentivo alla lettura, ossia stimolare la vostra curiosità a leggere il testo. Quindi non posso dirvi di più…

Spero anche questa volta di esservi riuscita perché, carissimi, ne vale la pena.

giovedì 22 gennaio 2015

"ACQUA" l'ultimo romanzo di Andrea Vona

Una capsula proveniente da passato remoto. Il serpente che si mangia la coda, Dio è il verbo, ma il verbo potrebbe essere la musica, quindi il suono e le vibrazioni. E quale elemento più comune ma anche più misterioso se non l’acqua per vedere e trasmettere le vibrazioni? Cosa può succedere se si scopre, aprendo la capsula, cosa c’è dopo la morte?
“Acqua” è l’ultimo romanzo di Andrea Vona edito da Lepisma. I suoi precedenti romanzi sono “Un viaggio tra i mondi” e “Controtempo”.

Su Eco16 abbiamo già avuto il piacere di intervistare Andrea cantautore (http://www.eco16.it/2012/10/da-quando-e-nato-eoramai-siamo-entrati.html); ma lui è un artista a tutto tondo e la sua voglia di esprimersi va oltre la musica, anche con i suoi romanzi e i suoi dipinti. Il tutto sempre legato da un unico filo conduttore.


Gianni Casciano

domenica 28 ottobre 2012

LA MUSICA CON CASCIANO - INTERVISTA AD ANDREA VONA

    Da quando è nato, e oramai siamo entrati nel terzo anno di vita, ECO 16 ha sempre posto una particolare attenzione a tematiche culturali che vanno dal Teatro al Cinema, dai Libri alla Musica, ritenendo che esista anche un'ecologia della persona e della mente che non può e non deve essere trascurata.
Per quanto riguarda la Musica, con il nostro Gianni Casciano, abbiamo guardato oltre i confini del nostro territorio, e si è parlato di personaggi internazionali e di personaggi italiani da Vecchioni a Nicolò Fabi fino a giungere al giovane e talentuoso Giovanni Baglioni, ma è stato guardando in casa nostra che si è scoperto, con una certa sorpresa per i meno attenti, persone di valore, musicisti di talento. Oggi riproponiamo l'ultimo articolo intervista di Casciano ad Andrea Vona, cantante e autore che da poco ha pubblicato il suo ultimo disco.

INTERVISTA AD ANDREA VONA:
"RESTA TUTTO UGUALE"
di Gianni Casciano

 Da quando mi occupo dello spazio musicale di ECO16, ho potuto appurare che i Castelli Romani pullulano di bravissimi musicisti, che nel loro piccolo e con le difficoltà del caso, riescono a pubblicare i loro progetti, e credo sia un dovere per chi ha la passione per la musica, e per l’arte in genere, di parlarne il più possibile. Oggi voglio dedicare questo spazio ad un artista scoperto di recente, che ha tanto da dire e che ha “confezionato” un gran bel disco: “Resta tutto uguale”. Si tratta di Andrea Vona. Ad attirare la mia attenzione è stata la copertina del disco, che come dice lui stesso “…rappresenta il processo evolutivo che non porta ad altro che ad un codice a barre, quindi ad una standardizzazione globale che segue le norme del mercato, degli affari, dei soldi e del potere”.

La copertina del disco, cosa rappresenta?

La prima cosa da fare intanto è ringraziare i miei amici che condividono con me questa bella esperienza musicale: Daniele di Vito, Paolo Cianfanelli, Luca Cianfanelli, Simone Durante e Mauro Bellisario, senza di loro non ci sarebbe stato niente.
La copertina è una foto estratta dal web, e rappresenta, al meglio secondo me, quello che è il tema principale del lavoro, cioè che col trascorrere del tempo il sistema sociale in cui viviamo oggi ci allontana sempre di più dal nostro mondo, bello, naturale, meraviglioso, e dalle nostre identità, e lo fa’ lentamente, grazie ai suoi tanti diabolici stratagemmi: giornali, radio, televisioni, avvenimenti pilotati e bombardamenti psicologici che durano intere generazioni, senza concederci neanche la possibilità di accorgerci di quello che ci succede… così abbiamo questa raffigurazione, c’e’ questo processo evolutivo che non porta ad altro che ad un codice a barre, quindi ad una standardizzazione globale che segue le norme del mercato, degli affari, dei soldi e del potere.
Perché questo disco?
Da tanti anni sono affascinato dalla ricerca delle strutture più profonde del sistema, del perché ci facciamo manipolare così facilmente, del fatto che accettiamo in modo incondizionato qualsiasi cosa ci venga proposta da un’ autorità… sentivo il bisogno di comunicare in qualche modo il malessere di una società in decadenza… una società basata sul denaro e sugli interessi personali, una società che trasforma i nostri cervelli in codici a barre, appunto, tanto che quando ci si incontra per strada e ci si domanda cosa fai nella vita, si risponde automaticamente il lavoro che si sta svolgendo in quel periodo, come fossimo noi stessi quel lavoro… eccoci, programmi senzienti che servono, con anni e anni di faticoso lavoro e tempo sprecato, a creare denaro e potere a favore di un numero incredibilmente esiguo di individui. Ovviamente questo non tocca tutte le persone di questo pianeta… ma comunque un numero impressionante di unità. Quasi la totalità dei lavori, anche quelli che sembrano essere importanti, sono in realtà socialmente inutili, non portano nulla a livello di benessere, gioia, tranquillità, divertimento, salute, creatività, emozione, ma solo soddisfazione economica, per quei pochi che ne possono “godere”, e che servono solo a contribuire all’aumento del PIL di un determinato paese, o meglio, a far sì che il PIL di quel paese possa aumentare ad ogni costo, sicuramente calpestando i bisogni primari delle persone riducendole alla fame in un altro punto del globo. Ovviamente questo è un mio punto di vista, ed è opinabile da chiunque, si chiama libertà di pensiero, ma c’e’ una cosa che in se stessa è già un dato di fatto: cioè che viviamo in una situazione dove un infermiere o un vigile del fuoco non riesce a pagarsi il mutuo (e non stiamo qua a disquisire sui mutui, altrimenti tutto il giornale non basterebbe neanche per l’introduzione all’argomento), e uno che lavora in borsa, e che investe sui debiti delle persone, o che guadagna soldi dai soldi (quale senso può avere un simile concetto) può godere di un bonus vitae pressoché illimitato, quindi le distorsioni ci sono, e sono gravi. Insomma, pochissimi lavorano per sé e per la propria comunità, le masse lavorano esclusivamente per asservire, mantenere e perpetuare il sistema stesso. questo mostro che grazie alle sue istituzioni, norme e regole addormenta e addomestica le persone, e ci costringe alla fine, a difendere con tutte le nostre forze la nostra infelicità. Questo è nel disco, con testi abbastanza ermetici, che lasciano a volte anche diverse interpretazioni a seconda dell’ascoltatore e dello stato d’animo con cui si ascoltano, ma il nostro live è incontrovertibile, è diretto, con proiezioni ed estratti audio che attestano e dimostrano la situazione attuale delle cose.
Una domanda che sembra scontata ... come definiresti Andrea Vona cantautore?
Io penso che tutte le risposte alle nostre domande, tutte le soluzioni ai nostri problemi, i vari graal e gli elisir di lunga vita risiedono solo dentro noi stessi, e se intorno a noi, al di fuori c’e’ questa follia, questa disparità, questa violenza, se nel mondo più della metà della popolazione globale in questo momento vive in condizioni estreme di povertà, significa che ben pochi di noi si conoscono nel profondo… e sicuramente, non mi vergogno di dirlo, io sono uno di quelli, ma direi, per risponderti nel modo più semplice che mi viene, che Andrea Vona è una persona che sta cercando di capire, e capire non è mai semplice per nessuno.
Oltre ad essere un cantautore, ti esprimi anche attraverso la pittura … come definiresti Andrea Vona pittore?
Le tele che dipingo si portano dietro lo stesso discorso musicale, ci sono queste ombre, che sono quasi sempre protagoniste della scena, che vagano in paesaggi scarni, quasi onirici, e cercano di trovare qualcosa, come una persona che cerca se stessa e non riesce a trovarsi… a volte si vede il buio, a volte uno spiraglio di luce, a volte il sole splende in tutta la sua forza, un po’ quello che ci succede nella vita. Non c'e' tecnica, non sono uscito da nessun istituto d'arte e non ho nessun attestato di pittura. Mi interessa che, grazie al fatto che il significato non è sbattuto in prima pagina, ma rimane ermetico all’interno del dipinto, ogni persona può vedere ed interpretare a suo modo quello che vede.
C'è un brano più di altri a cui sei legato in questo progetto e che magari lo rappresenta?
Non c’e’ un brano che ritengo sia il migliore dell’album… non sono neanche uno di quelli che pensano che sia un grande album, grande musica eccetera, ho superato questo modo di pensare da tanto tempo, è solo un lavoro musicale come tanti, e sono molto critico sui miei lavori. C’e’ una canzone ,come dici tu, a cui sono molto legato, si intitola senza aria, ma solo per il fatto che quando l’ho scritta non immaginavo neanche dell’esistenza di certe realtà nascoste, e invece, oggi, a distanza di tanto tempo ed esperienze, l’ho potuta inserire nell’album, senza problemi e senza cambiare neanche una parola… a testimonianza del fatto che ero già predisposto a certi argomenti……
Visto che il tema del disco è appunto il codice a barre, un processo evolutivo, una standardizzazione globale che segue le norme del mercato .. dei soldi e del potere: questa crisi che stiamo vivendo può avere anche un lato positivo, ovvero portarci a capire che possiamo fare a meno del superfluo? Quindi ristabilire i giusti livelli dei valori e che non tutto è indispensabile?
Hai ragione… Einstein diceva che è proprio dalle crisi che nascono i più grandi risultati… tocchi un punto focale… adesso possiamo capire cosa è il superfluo…cioè quella cosa che in sostanza permette al sistema economico di essere ciclico, quindi di infondergli linfa vitale… certo, bisogna vedere l’uso che si fa di un determinato bene, ad esempio, un pc, se usato per giocare, che so, a Doom, potrà rivelarsi sì, superfluo, ma se usato per documentarsi in rete o per fare musica, lavoro in generale o radio, allora diventerà un mezzo di condivisione mondiale… che dire degli strati gerarchici del discorso… per noi superfluo potrebbe consistere in una bella macchina, o in un telefonino da mille euro, per qualcun altro ancora una placcatura di oro sul water, o sui rubinetti, o un orologio da 50000 euro, chi vive in povertà, invece, probabilmente non conoscerà neanche il significato di tale termine… ma nessuno è apparentemente colpevole e demonizzabile, almeno all’interno della società odierna… eh si… perché la società stessa, attraverso le sue regole, legalizza questo modo di vivere, le coscienze di noi occidentali vanno a ripulirsi magari con l’otto per mille alla chiesa o con un po’ di beneficenza telematica… o a urlare i nostri diritti di esseri umani con qualche manifestazione contro chi ci ha toccato le tasche per ultimo, ma la verità è che il burattinaio è sempre lì, e sorride dietro le quinte e incassa sempre tanti soldi… quello di cui avremmo veramente bisogno come esseri umani, tutti, è aria pulita, acqua pura, cibo, tetto e vestiti… e tecnologia usata per il bene di tutti, non a scopo militare, e il sistema si difende da questo incubo impiantando la parola “utopia” nelle menti delle genti… e servirebbe così poco tempo e così poco denaro, se veramente ce ne fosse bisogno, per tutti, nessuno escluso, e invece trascorriamo il nostro tempo a salvare banche, perpetuare guerre, e affondare e impoverire intere popolazioni, i colpevoli siamo soltanto noi, e speriamo di accorgercene presto.
In una tua biografia in rete ho letto che non hai mai partecipato a cover band per principio ... cosa intendi?
Non ho assolutamente nulla contro le cover, anzi mi piacciono, ma solo quando portano con sé il segno, la personalità, l’immaginazione di chi le suona. Perché, dico, suonarle identiche a come sono… ci sono già, sono lì, basta accendere uno stereo per ascoltarle, discutiamo al limite sulle casse, o sullo stereo, sul valore o la marca, ma non sui brani , sono lì. Addirittura oggi col web ci danno innumerevoli versioni live di qualsiasi pezzo vogliamo ascoltare, dai più famosi ai più rari. Per me cover significa ad esempio Tori Amos che suona al piano i Nirvana, o i Perfect Circle che rifanno immagine di John Lennon, mentre cover- band, se non è per puro esercizio musicale, significa ritornare al codice a barre, mi dispiace, lo sento come un dato di fatto… ci sarà pure chi ama un gruppo a tal punto da volerlo emulare, ma per la maggior parte, per i più sani questo è sicuramente un buon modo di arrotondare lo stipendio, visto che oggi i locali per portare gente all’ interno e per guadagnare il più possibile ospitano quasi esclusivamente cover-band di gruppi famosi, anche qui, come nella nostra società, vedo i soldi come il più grande dei freni evolutivi. Rispetto da parte mia a chi ha intrapreso questa strada, visto che molte volte si tratta di musicisti bravissimi, è una scelta, ma è solo un lavoro, anche se magari più piacevole di un altro.

Vi terremo informati sui prossimi appuntamenti live di Andrea Vona.

Vedi e sfoglia anche ECO 16 dov' è stata pubblicata l'intervista a Vona e un bell'articolo su Giovanno Baglioni


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