di Fabio
Ascani
Lessi questo libro negli anni del liceo e poi all’università
e qualche giorno fa mi è ricapitato fra le mani. Elogio della Follia è un gioco, un saggio, un’opera divertente e
seria, uno sguardo ironico e filosofico sull’umanità.
“Ho fatto sì l'elogio della Follia, ma
non certo da folle”, scriveva Erasmo da Rotterdam nell’introduzione, in realtà una vera
dedica al suo autorevole amico Tommaso Moro, presentando in questo modo la sua
opera più famosa, scritta in latino nel 1508.
La follia è una donna, una dea, o meglio, viene
rappresentata come tale e, parlando in prima persona, fa l’elogio di se stessa come se stesse
rivolgendosi ad una folta assemblea.
La follia, “tanto per cominciare”, parla dell’infanzia dell’uomo,
quando la ragione ancora non ha preso il sopravvento, e che tanto assomiglia ad
un periodo della vita un po’ folle. L’inconsapevolezza dei neonati li
rende gradevoli e ci induce ad abbracciarli, coccolarli, proteggerli. Ma anche
i bambini e l’adolescenza che segue l’infanzia: “quanto piace a tutti, quale
sincero trasporto suscita, quali amorevoli cure riceve, con quanta bontà tutti
le tendono una mano!”.
I tratti della follia
hanno il pregio di rallegrare la vita degli uomini tanto che senza di essa che
ci venga in soccorso la vita sarebbe insopportabile e quasi non meriterebbe
più di essere chiamata vita.
Così, paragonati a coloro
che sanno essere folli e veri geni di questo mondo, gli uomini austeri, dediti
a studi filosofici, o impegnati in faccende serie e difficili, in genere sono
già vecchi prima di essere stati davvero giovani, e questo per le
preoccupazioni e per il costante e teso dibattito mentale, che un po' alla
volta esaurisce gli spiriti e la linfa vitale.
E con la scusa di elogiare
se stessa la Follia parla degli uomini e li prende un po’ in giro, come quando
dice: “Insomma, se, come una
volta Menippo dalla Luna, potessimo contemplare dall'alto gli uomini nel loro
agitarsi senza fine, crederemmo di vedere uno sciame di mosche e di zanzare in
contrasto fra loro, intente a combattersi, a tendersi tranelli, a rapinarsi a
vicenda, a scherzare, a giocare, nell'atto di nascere, di cadere, di morire. Si
stenta a credere che razza di terremoti e di tragedie può
provocare un animaletto così piccino e destinato a vita così breve. Infatti, di tanto in tanto, un'ondata anche
non grave di guerra o di pestilenza ne colpisce e ne distrugge migliaia e
migliaia”.
La Divina Follia, elogiando se stessa ci fa riflettere su di
noi, su ciò che siamo, sul nostro agire. L’elogio è un piccolo libro scritto
oltre 500 anni fa e ancora attuale; una vera miniera di citazioni e aforismi
per pubblicitari ed “esperti di comunicazione”, come quelli che pensarono un
fortunato spot per l’Alfa Romeo in cui la voce narrate, sullo sfondo di
immagini “cinematografiche” forti e coinvolgenti diceva: Osservate con quanta
provvidenza, la natura, madre del genere umano, ebbe cura di spargere nel mondo
un pizzico di follia, infuse nell'uomo più passione che ragione, perché fosse
tutto meno triste. Se i mortali si guardassero da qualsiasi relazione con la
saggezza, la vecchiaia neppure ci sarebbe. La vita umana non è nient'altro che
un gioco della follia.