Bernard
Quiriny, (Bastogne, 1978) è considerato tra i maggiori autori contemporanei in
lingua francese.
Per
la sua vena fantastica alla Poe e il suo talento borgesiano per le invenzioni
metaletterarie è stato paragonato a Calvino (del quale ci ricorda soprattutto
un certo viaggiatore in una notte d’inverno), Bolaño, Jarry e Vila-Matas.
Collabora come critico con alcune delle più importanti riviste francesi.
Vincitore di numerosi premi di carattere internazionale che riconoscono nei
suoi testi quella vena da “riso a denti stretti”, che proprio nel suo paese ha
trovato le realizzazioni più valide: un senso dell’assurdo venato di umorismo nerissimo, surrealismo naturale che orchestra
piccole storie fatte di imprevedibilità e spiazzamento.
Storie Assassine è un piccolo ma lucente gioiello
del surreale, un insieme di racconti raffinati e vagamente macabri,
caratterizzati da una scrittura elegante ed efficace. Ciò che contraddistingue
questo narratore è senza dubbio la sua facilità di creare tanti racconti
diversi, riuscendo al contempo a raggrupparne alcuni in cicli e a creare dunque
una connessione narrativa; il suo spiccato senso dell’humour, talvolta nero,
che strizza l’occhio ai grandi temi della vita tra cui in particolar modo la
morte e il sesso. Il libro si presenta come un “contenitore”, una raccolta di
ventuno racconti in cui i protagonisti sono oggetti parlanti o pazienti con
strane patologie, scheletri che scrivono diari di bordo in alto mare o
antropologi intenti a studiare usi e costumi di popoli lontani alquanto
bizzarri, ma anche luminari, critici e scrittori che si punzecchiano a colpi di
antipatiche rettifiche sulle pagine dei giornali.
La
riflessione di Quiriny prende laa forma di paradosso abbracciando il mondo del
surreale, dell’assurdo, il carattere fantastico o gli elementi macabri di
alcuni passaggi; le sue doti migliori sono senza dubbio la fantasia e la
chiarezza nella scrittura ma anche la capacità di intrattenere il lettore accrescendo
di volta in volta curiosità e inquietudine.
Una
geniale ironia anima le pagine di quello che è stato definito un compendio di
invenzioni metaletterarie; un trattato di assurdologia dove troviamo di tutto:
cose che prendono la parola, personaggi che quando fanno l’amore diventano blu,
e dunque inderogabilmente individuabili; critici che si fanno un punto d'onore
di ammazzare i loro scrittori; un viaggiatore per nave il cui corpo si fa via
via sempre più molle a mano a mano che il suo io lo lascia spostandosi fuori di
lui; sconcertanti diari di bordo; rigorose relazioni antropologiche su tribù
lontane il cui rito iniziatico consiste nel cavarsi gli occhi; popoli che
passano la vita a scavare buchi; carcerieri ossessionati, bevitori incalliti,
casi clinici; un tale che ingravida realmente le donne accoppiandosi con loro
in sogno, ecc….
Molto
interessante è il ciclo di “I pazienti del dottor Hampstadt”, in cui è
particolarmente chiaro l’intento dell’autore di rovesciare la norme che
regolano la realtà distorcendo la concezione di spazio e tempo; ecco dunque la
donna che perdendo il senso dell’orientamento e della distanza impara a
camminare all’indietro o l’uomo incapace di distinguere i minuti dalle ore,
vivendo così un’esistenza in cui gran parte delle azioni quotidiane diventano
una sfida.
Sebbene
i cicli rappresentino i racconti più interessanti, ce ne sono altri
autoconclusivi altrettanto efficaci: è proprio in questi racconti slegati tra
loro che l’autore crea le situazioni più improbabili affidando la storia a
personaggi ambigui e dalla personalità instabile, che stanno lì a prendersi
gioco sottilmente delle ossessioni e delle paure umane.
La
scelta dei racconti può essere un’arma a doppio taglio però: se da una parte
permettono di spaziare dall’altra rischiano di lasciare un senso di
incompletezza o risultare banali; il racconto si risolve in un paio di righe
scontate in cui manca una vera e propria narrazione e un guizzo geniale,
limitandosi a fornire il resoconto in maniera piuttosto banale del pensiero di
oggetti che usiamo quotidianamente.
Nel
complesso comunque la raccolta funziona grazie alla sua leggerezza. Non è una
lettura che vuole sollecitare riflessioni profonde o insegnare qualcosa a tutti
i costi, piuttosto ci invita a inclinare la testa ogni tanto e offrire agli
occhi un altro punto di vista.