di Fabio Ascani
Lo
snello libro di Zygmunt Bauman, appena una settantina di pagine, scritto
all’inizio della crisi economica che ci ha accompagnato fino ad oggi e della
quale, in qualche modo, riusciamo finalmente a vedere il termine, contiene due piccoli
saggi: Capitalismo parassitario che da il titolo all’opera e La cultura
dell’offerta. In esso vi è una riflessione folgorante e potente sulla società
contemporanea.
Professore
emerito di sociologia nelle università di Leeds e Varsavisa, è teorizzatore
della “società liquida”, sua definizione originale, comprensibile
contrapponendo ad una “società solida”, quella tradizionale, quella dei
produttori, del lavoro che si trasforma in qualcosa, a quella “liquida” ovvero
dei consumi, in costante mutamento a seconda di gusti, tendenze ecc.
Allora
diventano illuminati, alla luce di questa definizione, le osservazioni di
Bauman sul “sapere” che in questo tipo di società moderna e liquida è destinato
ad inseguire senza fine oggetti elusivi che, come se non bastasse continuano a
svanire nel momento stesso in cui vengono afferrati.
Il
sapere mutevole, e spesso ingannevole, dei mezzi di informazione sovrapposti,
confusi e spesso fusi, si traduce il più delle volte in una inaccettabile
sovrabbondanza di informazioni utili, inutili, false, vere, imprecise. E,
scrive Bauman, “l’arte di vivere in un mondo sovra-saturo d’informazione non è
ancora stata appresa” e tantomeno, sostiene, ciò “vale per l’arte, ancora più
difficile, di preparare gli uomini a questo genere di vita”.
È
un libro breve e semplice, ma non banale. Una lettura utile per riflettere su
alcuni aspetti della nostro vivere, sul contesto nel quale siamo immersi e nel cui
ci muoviamo seguendo meccanismi che in realtà non sono nostri ma, in un modo o
in un altro, ci sono imposti.