di Fabio Ascani
In
un momento storico come quello che stiamo vivendo, con squallide recrudescenze
di razzismo ed antisemitismo, in realtà mai sopito del tutto, vale la pena
cercare conforto e crescita in una buona lettura. Decisamente adatta mi pare
quella del libro di Daniela Palumbo “Il cuore coraggioso di Irena”.
Irena
Sendler era un’infermiera polacca al tempo delle persecuzioni naziste. Donna di
grande generosità e coraggio riuscì a salvare da morte certa 2500 bambini facendoli
fuggire dal Ghetto di Varsavia. La sua storia è purtroppo sconosciuta ai più e
questo è molto triste perché è proprio dalla conoscenza di certi fatti, dal non
dimenticare il passato, che si può sperare in un futuro migliore, dove certe
terribili e inumane nefandezze non si ripetano.
Daniela
Palumbo, scrittrice che già altre volte si è cimentata con questi importanti
temi, si rivolge ad un pubblico non solo adulto ma anche e soprattutto giovane.
La
narrazione è su due piani temporali: i “giorni nostri” con il vivace Teodor,
adolescente che sogna di fare lo street artist, in conflitto con un padre che
sembra non credere in lui e con una mamma più accondiscendente. Con loro vive
anche nonno Jakub, un vecchio signore, un po’ “svanito”, che conserva uno
strano barattolo di vetro pieno di foglietti di carta e che spesso, immerso
nelle sue memorie, si perde letteralmente nella città, finché una volta è
proprio Teodor a ritrovarlo, non senza aiuto, nei pressi di un tombino.
L’altro
piano temporale si svolge nel 1943 quando Irena, nascondendoli fra la
spazzatura, facendoli intrufolare per fogne e tombini, facendoli passare per
morti di tifo riusciva a salvare, a rischio della propria vita e di quella
delle persone l’aiutavano in questa grande impresa, 2500 bambini. Jakub era uno
di loro, passato per le fogne e uscito da un tombino, proprio quello dove lo
ritrovò il nipote.
È
a questo punto del racconto che le due storie, quelle di nonno e nipote, si
uniscono veramente. Il giovane Teodor e la sua fidanzata ascolteranno i
racconti del nonno e di un suo vecchio amico di fuga. La storia difficile, dura
e cruda della prigionia nel Ghetto. La paura, i soprusi, la violenza insensata.
I due giovani adolescenti capiranno l’importanza della memoria, del non
dimenticare le situazioni, le persone e soprattutto i nomi, nomi conservati
materialmente in barattoli di vetro affinché ognuno, ogni bambino, potesse
essere ritrovato e ricongiunto alla propria famiglia quando tutto fosse finito.