Più che ad un vero e proprio libro ci troviamo, con questo scritto di Stamm,
di fronte ad un racconto decisamente particolare
ed originale.
Un racconto nel racconto, in cui il protagonista è a sua
volta uno scrittore che narra la sua vita.
Una doppia narrazione: il racconto dell’autore, il romanzo vero e proprio, e
quello scritto dal protagonista del romanzo stesso ovvero “il racconto di
Agnes”.
Il passato, il presente e poi cerca la ricerca di un finale: questi i
tempi tra i quali si sviluppa la narrazione. Ma un finale "rosa e
fiori" sembra non essere adatto a questa storia, pertanto lo
scrittore-protagonista ne abbozza un altro, triste «Agnes è morta. L’ha uccisa un racconto. Di lei non mi è rimasto
nulla, se non questo racconto». In questa frase abbiamo l’incipit e la conclusione
del libro: indubbiamente particolari ed intriganti.
Un
libro ben scritto, strutturato in capitoli brevi ed originale nella trama che è
di una semplicità disarmante, dove la
storia è una storia “come tante”.
Nella sala di lettura della biblioteca civica di Chicago, un giovane
irresistibilmente attratto da una ragazza seduta davanti a lui: ha un aspetto
fragile e sicuro insieme, i capelli scuri che le arrivano alle spalle, il volto
pallido senza trucco, uno sguardo fuori dell'ordinario...Tra un po' la ragazza
si alzerà, e lui la seguirà fino al bar della biblioteca, dove scambierà con
lei le prime parole. Le dirà che è svizzero e che sta scrivendo un libro sui
treni di lusso americani. Saprà che lei si chiama Agnes, è americana, studia
fisica e suona il violoncello. Il suo divertito cinismo la stuzzicherà talmente
che si rivedranno spesso. Passeggeranno sulle sponde del lago Michigan a discutere
con gravità tutta giovanile di arte e politica, scienza e sentimento. Si
innamoreranno... Un giorno, però, Agnes gli chiederà: «Perché non scrivi una
storia su di me? Così so che cosa pensi veramente». Lui lo farà e, nove mesi
dopo, sarà costretto ad annotare: «Agnes è morta. L'ha uccisa un racconto. Di
lei non mi è rimasto nulla, se non questo racconto».
Colpisce molto la lingua di Peter Stamm: una lingua essenziale, priva
di ogni immagine superflua e di ogni allusione psicologica, una penna “fredda” e da molti definita noiosa; una lingua che descrive
lucidamente, senza alcun pathos, il male di vivere e la difficoltà d’amare del
nostro tempo. La fragilità e l’insicurezza di Agnes sono
sentimenti che appartengono a tutti così come comuni sono le paure di lui, la
sua voglia di vivere un’intensa storia d’amore ed allo stesso l’ansia per l’impegno
che questo comporterebbe.
Nonostante
questa apparente semplicità il romanzo di Stamm è decisamente un libro intenso
e sorprendente; dove la vera protagonista è la vita, la vita vera, quella di
tutti i giorni. L’autore riesce a
coinvolgere il lettore parlandogli delle sue stesse emozioni, della
continua e disperata ricerca della felicità, dell’ansia di vivere,
dell’angoscia e del desiderio che si provano dinnanzi all’idea di legarsi ad
un’altra persona, della voglia di libertà e della sensazione di estraneazione
dal resto del mondo che spesso si prova, il tutto attraverso una narrazione di
una semplicità e una linearità senza eguali, che rendono la lettura molto
piacevole.
Un
romanzo, quello di Stamm, semplice solo ad una lettura superficiale, ma che in
verità indaga profondamente la mente ed il cuore dell’uomo.