La dama e l'unicorno è un ciclo di arazzi fiamminghi della fine del XV
secolo. Costituisce una delle più importanti opere di arazzeria del medioevo
europeo, oggi conservata nel Museo di Cluny a Parigi.
A questo ciclo si ispira il romanzo della Chevalier, dove - come ne “La
ragazza con l’orecchino di perla” - torna a
indagare, tra realtà e fantasia, la genesi di un capolavoro dell'arte.
La scrittrice si conferma grande
maestra nella narrazione di vicende ambientate nel passato, inventando una
trama appassionante, in grado di coniugare l'amore per l'arte, la forza del
sentimento e il fascino della ricostruzione storica.
Con stile elegante e coinvolgente, ci fa
rivivere i fasti, i sogni, oltre che le difficoltà e le bassezze di un'epoca e
dei suoi protagonisti. Il romanzo ruota attorno a questi arazzi: sei opere che
riproducono il tema della seduzione del mitico unicorno da parte di una
bellissima fanciulla, rappresentato da punti di vista (i sensi) diversi, creando così un romanzo corale, che
ha per protagonisti l'immaginario autore delle figure ivi rappresentate,
Nicolas des Innocentes, le dame che l'hanno ispirato e gli artigiani di
Bruxelles, esecutori dei manufatti.
E’ un
giorno della Quaresima del 1490: a Parigi, Nicolas, pittore e miniaturista
conosciuto a corte per la sua mano ferma e nelle taverne al di qua della Senna
per la sua mano lesta con le servette di bell'aspetto, riceve dal potente
signore Le Viste un incarico che cambierà per sempre la sua vita. Dovrà
dipingere grandi scene della battaglia di Nancy per la realizzazione di arazzi
destinati ad abbellire le pareti della sua residenza. L'artista accetta subito
l'offerta, che gli assicurerà cibo sulla tavola per settimane e notti di
bagordi, ma non saranno spade, scudi e sangue a ispirare la sua vena creativa,
bensì delicate scene di dame eleganti e candidi unicorni, simboli della
seduzione, della giovinezza dell'amore. Geneviève de Nanterre, moglie di Jean
Le Viste, gli intimerà di cambiare soggetto, anche se in realtà saranno i
sentimenti a guidare l'abile mano dell'artista. Travolto dalle passioni e dagli
avvenimenti, Nicolas immortalerà negli arazzi i volti delle quattro donne che
contribuirono alla loro creazione: la triste Geneviève de Nanterre, la
bellissima Claude, giovane figlia dei Le Viste, Christine du Sablon, fiera e
abile tessitrice, e la sua dolce figlia Aliénor.
Il libro di Tracy Chevalier mette in
evidenza lo studio approfondito del tempo in cui si sarebbero realizzati gli
arazzi; molto approfondito anche lo studio del mondo dei tessitori del XV°
secolo e l'ambiente dei contemporanei aristocratici. Ci porta con estrema
precisione e puntualità nel passato, in Francia o in Belgio a seconda dei momenti
in cui si svolge la trama, tanto che ci sembra di far parte attivamente della
storia che si snoda in maniera lineare, dolce e leggiadra, anche quando
descrive cose turpi.
Si rimane affascinati dall’apprendere come
si fa un arazzo; e ci si rende conto quanta fatica costa ai tessitori
realizzare opere così complesse e a volte svalutate rispetto ai più comuni e
apprezzati dipinti.
L'autrice sceglie di svolgere la trama
affidando ai suoi interpreti principali un capitolo circa ciascuno dove poter
narrare in prima persona, descrivendo ciò che si svolge sotto i propri occhi e
dandone una interpretazione personale e soggettiva.
Ci si appassiona alla vita turbolenta,
appassionata ed artistica di Nicolas des Innocents, l'autore dei dipinti, o
alla vita ricca, sfarzosa, ma triste di Claude, la figlia del committente. Si
partecipa alla fatica dei tessitori: misera, difficile, ma ricca di arte che si
"srotola" sotto i loro occhi.
Nel dettaglio il ciclo di arazzi è formato dalle seguenti parti: Il
gusto - L'udito - La vista - L'olfatto - Il tatto - A Mon Seul Désir
Gli arazzi furono tessuti nelle Fiandre tra il 1484 e il 1500.
Commissionati da Jean Le Viste, presidente della Cour des aides di Lione,
passarono per eredità alla famiglia Roberet, ai La Roche-Aymon e poi ai Rilhac
che nel corso del XVIII secolo li trasportarono nel loro castello di Boussac.
Nel 1841, molto danneggiati dalle condizioni in cui erano stati mal
riposti e conservati, vennero notati da Prosper Mérimée, ispettore dei
monumenti storici, e classificati come tali.
Nel 1882 la municipalità vendette gli arazzi a un collezionista
parigino, M. Du Sommerard, che li collocò all Hôtel de Cluny a Parigi, che,
dopo la donazione delle sue collezioni alla città, ospita il Museo nazionale
del Medioevo.
Realizzato con lana e seta, iconograficamente fa riferimento allo stile
millefiori. È composto da sei pannelli, tutti con lo sfondo rosso, con al
centro la dama con l'unicorno e il leone e intorno altri piccoli animali,
alberi e fiori. Gli stendardi e gli scudi portano l'emblema di Jean Le Viste.
Cinque pannelli sono dedicati ai sensi:
Il gusto: La dama sta prendendo un dolce dall'alzata che le offre una
ancella. Ai suoi piedi anche la scimmietta sta mangiando un dolce. Il leone e
l'unicorno reggono stendardi e portano mantelli con l'emblema con le tre
mezzelune.
L'udito: La dama suona un organo appoggiato su un tavolo, l'ancella
aziona il mantice che dà aria allo strumento.
La vista: L'unicorno si contempla in uno specchio retto dalla dama,
seduta con le zampe dell'animale in grembo.
L'olfatto: La dama prepara una corona con i fiori che l'ancella le
porge su un piatto; altri fiori con cui gioca la scimmietta sono stati raccolti
in un cestino.
Il tatto: La dama accarezza con la mano sinistra il corno dell'unicorno
e con la destra regge una bandiera.
L’ultimo pannello, il sesto, A Mon Seul Désir, più grande degli altri,
differisce nello stile ed è di più difficile interpretazione. La dama si trova
di fronte a una tenda, che porta in alto la scritta A Mon Seul Désir (il mio
solo desiderio) tenuta aperta dall'unicorno e dal leone. Nelle mani tiene un
velo che contiene la collana, che portava negli altri arazzi, e la ripone nel
cofanetto che le porge l'ancella.
Alla fine lo stesso libro si trasforma
per il lettore in un arazzo, che si svolge pian piano sotto i propri occhi affascinati, meravigliati e stupiti per
la capacità impareggiabile di descrizione da parte della Chevalier.