Care amiche e amici di
ECO 16, voglio proporvi una lettura impegnativa e importate sulla questione del
referendum costituzionale. Ci sono tante ragioni per dire NO alla prossima
consultazione del 4 dicembre (la data è stata fissata ieri) ma se vuole fare
una riflessione attenta e fuori dai soliti schemi, consiglio la lettura del
testo che segue, tratto dal sito di Raniero La Valle. È
soltanto una parte del più lungo e articolato discorso che l’ex senatore e
parlamentare italiano, nonché ex direttore di importanti testate giornalistiche
come L’Avvenire d’Italia, ha tenuto il 16/09/2016 a Messina nel Salone delle
bandiere del Comune in un’assemblea sul referendum costituzionale promossa
dall’ANPI e dai Cattolici del NO e il 17/09/2016 a Siracusa in un dibattito con
il prof. Salvo Adorno del Partito Democratico, sostenitore delle ragioni del SI.
F.A.
Il
testo integrale si può leggere QUI.
…
Non
è la legge Boschi il vero oggetto del referendum
La
verità del referendum sta dietro di esso, è la verità nascosta che esso rivela:
il referendum infatti non è solo un fatto produttore di effetti politici,
è un evento di rivelazione che squarcia il velo sulla situazione com’è. È uno
svelamento della vera lotta che si sta svolgendo nel mondo e della posta che è
in gioco. Il referendum come cunto de li cunti, potremmo dire in
Sicilia, il racconto dei racconti, come togliere il velo del tempio per vedere
quello che ci sta dietro, se ci sta Dio o l’idolo. Il referendum come
rivelatore dello stato del mondo.
Ora,
per trovare la verità nascosta del referendum, il suo vero movente, la sua vera
premeditazione, bisogna ricorrere a degli indizi, come si fa per ogni giallo.
Il primo indizio è che Renzi ha cambiato strategia, all’inizio aveva
detto che questa era la sua vera impresa, che su questo si giocava il suo
destino politico. Ora invece dice che il punto non è lui, che lui non è la vera
causa della riforma, ha detto di aver fatto questa riforma su suggerimento di
altri e ha nominato esplicitamente Napolitano; ma è chiaro che non c’è solo
Napolitano. Prima
ancora
di Napolitano c’era la banca J. P. Morgan che in un documento del 2013, in nome
del capitalismo vincente, aveva indicato quattro difetti delle Costituzioni (da
lei ritenute socialiste) adottate in Europa nel dopoguerra: a) una debolezza
degli esecutivi nei confronti dei Parlamenti; b) un’eccessiva capacità di
decisione delle Regioni nei confronti dello Stato; c) la tutela costituzionale
del diritto del lavoro; d) la libertà di protestare contro le scelte non
gradite del potere.
Prima
ancora c’era stato il programma avanzato dalla Commissione Trilaterale, formata
da esponenti di Stati Uniti, Europa e Giappone e fondata da Rockefeller, che
aveva chiesto un’attenuazione della democrazia ai fini di quella che era allora
la lotta al comunismo. E la stessa cosa vogliono ora i grandi poteri economici
e finanziari mondiali, tanto è vero che sono scesi in campo i grandi giornali
che li rappresentano, il Financial Times ed il Wall Street Journal,
i quali dicono che il No al referendum sarebbe una catastrofe come il Brexit
inglese. E alla fine è intervenuto lo stesso ambasciatore americano che a nome
di tutto il cocuzzaro ha detto che se in Italia viene il NO, gli investimenti
se ne vanno.
Ebbene quelle richieste avanzate da questi centri di potere sono state accolte
e incorporate nella riforma sottoposta ora al voto del popolo italiano. Infatti
con la riforma voluta da Renzi il Parlamento è stato drasticamente indebolito
per dare più poteri all’esecutivo. Delle due Camere di fatto è rimasta una
sola, come a dire: cominciamo con una, poi si vedrà. Il Senato lo hanno fatto
così brutto deforme e improbabile, che hanno costretto anche i fautori del
Senato a dire che se deve essere così, è meglio toglierlo. Inoltre il potere
esecutivo sarà anche padrone del calendario dei lavori parlamentari. Il
rapporto di fiducia tra il Parlamento ed il governo viene poi vanificato non
solo perché l’esecutivo non avrà più bisogno di fare i conti con quello che
resta del Senato, ma perché dovrà ottenere la fiducia da un solo partito. La
legge elettorale Italicum prevede infatti che un solo partito avrà
- quale che sia la percentuale dei suoi voti, al primo turno o al
ballottaggio - la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera (340
deputati su 615). Il problema della fiducia si riduce così ad un rapporto tra
il capo del governo e il suo partito e perciò ricadrà sotto la legge della
disciplina di partito. Quindi non sarà più una fiducia libera, non sarà una
vera fiducia, sarà per così dire un atto interno di partito, che addirittura
può ridursi al rapporto tra un partito e il suo segretario.
Per
quanto riguarda le altre richieste dei poteri economici, i diritti del lavoro
sono stati già compromessi dal Jobs act, il rapporto tra Stato e Regioni
ha subito un rovesciamento, perché dall’ubriacatura regionalista si ritorna a
un centralismo illimitato, mentre, assieme alla riduzione del pluralismo
politico, ci sono delle procedure che renderanno più difficili le forme di
democrazia diretta come i referendum o le leggi di iniziativa popolare, e
quindi ci sarà una diminuzione della possibilità per i cittadini di intervenire
nei confronti del potere.
Questo
è il disegno di un’altra Costituzione. La storia delle Costituzioni è la storia
di una progressiva limitazione del potere perché le libertà dipendono dal fatto
che chi ha il potere non abbia un potere assoluto e incontrollato, ma
convalidato dalla fiducia dei Parlamenti e garantito dal costante controllo
democratico dei cittadini. E’ questo che ora viene smontato, per cui possiamo
dire che la democrazia in Italia diventa ad alto rischio .
Ma
a questo punto è chiaro che quello che conta non è più Renzi, ed è chiaro che
quanti sono interessati a questa riforma gli hanno detto di tirarsi indietro,
perché a loro non interessa il sì a Renzi, interessa che non vinca il no alla
riforma. (il grassetto è di ECO16)
La prima pagina de Il Fatto Quotidiano di oggi 27 settembre. Uno dei pochi organi di stampa dichiaratamente a favore del NO |
Il secondo indizio è il ritardo della data della convocazione, che non è
stata ancora fissata dal governo (ndr: in realtà la data è stata fissata ieri per il 4 dicembre); ciò vuol dire che la partita è troppo
importante per farne un gioco d’azzardo, come ne voleva fare Renzi, mentre i
sondaggi e le sconfitte alle amministrative sono stati inquietanti. Perciò
occorreva meno baldanza da Miles Gloriosus e più preparazione. E
occorreva alzare il livello dello scontro, e soprattutto ci voleva
il riarmo prima che si giungesse allo scontro finale. Il riarmo per acquisire
la superiorità sul terreno era l’acquisto del controllo totale
dell’informazione, non solo i giornali, di fatto già posseduti, ma radio e TV,
ciò che è stato fatto in piena estate con le nomine alla RAI.
Se
davvero si trattava di scorciare i tempi e distribuire un po’ di sussidi ai
poveri, non c’era bisogno del controllo totale dell’informazione.
Inoltre
bisognava distruggere il principale avversario e fautore politico del No, il
Movimento 5 Stelle. Questo spiega l’attacco spietato e incessante alla Raggi. E
poi ci volevano i tempi supplementari per distribuire un po’ di soldi con la
legge finanziaria.
C’è poi un terzo indizio. Interrogato sul suo voto Prodi dice: non mi
pronunzio perché se no turbo i mercati e destabilizzo l’Italia in Europa.
Dunque non è una questione italiana, è una questione che riguarda l’Europa, è
una questione che potrebbe turbare i mercati. Insomma è qualcosa che ha a che
fare con l’assetto del mondo.
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completo. Da non perdere.