Qualche settimana fa il Parlamento Europeo ha dato l'ultimatum al nostro Governo per individuare definitivamente il "Deposito unico nucleare" di cui è incaricata la Sogin, l'azienda statale che gestisce il nostro "patrimonio radioattivo". La questione risulta complicatissima perché le decisioni sono come al solito ballerine. Si dimostra confusione sui siti temporanei figurarsi su quello che dovrebbe ospitare definitivamente le scorie di tutto il paese. C'è di più, sull'Italia pesa anche la scadenza stipulata con la Francia e Inghilterra che ancora ospitano parte del nostro pericoloso materiale. Ovviamente nessuno vuole questo deposito che, come informa la citata azienda pubblica, dovrebbe avere una capienza di 90mila metri cubi (un campo di calcio alto cinque piani di un palazzo) con l'obbligo di poterle conservare in estrema sicurezza per almeno 300 anni, altrimenti sarebbe una catastrofe! Al momento le regioni "candidate" sono quattro: Puglia, Basilicata, Toscana e Lazio. Oltre al pericolo per la salute c'è che l'operazione sarà aiutata con un rincaro della bolletta elettrica. Quindi al danno segue la beffa! Si parla di compensazioni, 1000 posti di lavoro, parco tecnologico e magari un parco giochi per bimbi… badate non e' una boutade! Da noi nel Lazio la situazione è in fibrillazione, con Borgo Sabotino che prefigura ricadute anche sull'area dei Castelli Romani. Qui si sta procedendo allo stoccaggio di rifiuti radioattivi già presenti grazie al deposito provvisorio inaugurato il 14 aprile, senza consultare le istituzioni locali anzi creando tensioni tra le stesse. Ma questa non e' una guerra tra campanili piuttosto è la difesa di un interesse comune e nazionale su cui bisogna quanto meno vigilare.
Giuseppe Ferraro