Niente inceneritore al Albano, bellissima notizia per i Castelli Romani, ma l’incenerimento resta, oggi come domani - e almeno fino al 2020 - un vero e proprio caposaldo del “nuovo” Piano rifiuti, e questa è una notizia davvero brutta per tutto il Lazio, per il territorio, per tutti coloro che amano l'ambiente e che credono che la gestione dei rifiuti, se solo si vuole, veramente può andare oltre l'incenerimento, oltre il seppellire in discarica, e diventare riciclo, trasformazione, vita nuova di ciò che, neanche dovrebbe più essere considerato un rifiuto, ma una materia prima dalla quale ripartire per ottenere nuovi prodotti utili e non inquinanti.
Dal comitato No Inc riceviamo e volentieri pubblichiamo
“Ci
aspettiamo ora, dalla Regione Lazio, che alla promessa ufficiale di “non
procedere con la costruzione di nuovi inceneritori”, segua anche la revoca
dell’Autorizzazione Ambientale (A.I.A. n. B-3694 del 13.08.2009) che, ancora
oggi, permetterebbe al Co.E.Ma. di Manlio Cerroni, Acea ed Ama l’avvio del
cantiere e, inoltre, l’intercessione per l’annullamento, presso il Ministero
per lo sviluppo Economico, della Convenzione preliminare Co.E.Ma.-G.S.E. che, ancora peggio, permetterebbe il
conferimento di circa 500 milioni di euro di fondi Cip-6 (7 x 100 della
bolletta elettrica) per costruire, a spese dell’erario pubblico, l’inceneritore
dei Castelli Romani.”
Era, ormai, il segreto di
Pulcinella, ma finalmente la notizia è divenuta pubblica ed ufficiale. E’ stato
Giuseppe Labarile, presidente di Confservizi-Lazio - la nota Associazione di
Aziende ed Imprese private che gestiscono servizi pubblici quali rifiuti, acqua,
gas, energia e trasporti – a darne notizia, ancora prima del Presidente della
Regione Lazio, Nicola Zingaretti e dell’Assessore Regionale ai rifiuti, Michele
Civita: “non appare necessario procedere alla costruzione di nuovi impianti di
incenerimento nella Regione Lazio, ma solo di ampliare od ultimare quelli già
esistenti”.
La notizia è stata comunicata
nel corso del Convegno dedicato a “Rifiuti e Piano regionale nel Lazio, dallo
scenario all’attuazione”, tenutosi venerdì mattina, alle ore 11 nella Sala
Tevere della Presidenza della Regione Lazio, promosso col sostegno della stessa
Confervizi
e della Camera di Commercio di Roma.
E’ molto probabile, quindi, che
i pezzi delle due linee di incenerimento del gassificatore di Albano stoccati,
da tre lunghi anni, nella discarica di Roncigliano, finiranno presto a Malagrotta,
dove dovrebbero essere integrati, quanto prima, all’unica linea pre-esistente,
costruita nel corso del 2009, e ferma ormai da due anni e mezzo.
In
sostanza, si cambia solo sito, ma l’incenerimento resta, oggi come domani - e
almeno fino al 2020 - un vero e proprio caposaldo
del “nuovo” Piano rifiuti. Tant’è vero che la portata annuale di
materiale incenerito e gassificato passerà, in soli due anni, dalle attuali 500 mila tonnellate all’anno, a circa
720 mila.
Certo che il Piano Rifiuti
della Regione Lazio, che verrà votato entro febbraio, determina scelte
politico-industriali relative SOLO al futuro,disegna
un vero e proprio scenario industriale per gli anni a venire. Ma
l’Inceneritore di Albano, invece, è un impianto approvato definitivamente, a livello
amministrativo, ben 4 anni e mezzo fa, con la contestatissima Autorizzazione
Ambientale n. B.3694 del 13 agosto 2009. Ci aspettiamo ora, quindi, dalla
Regione Lazio, che alla promessa ufficiale di “non procedere con la costruzione
di nuovi inceneritori”, segua anche la revoca dell’Autorizzazione Ambientale
(A.I.A. n. B-3694 del 13.08.2009) che, ancora oggi, permetterebbe l’avvio del
cantiere e, inoltre, l’intercessione per l’annullamento, presso il Ministero
per lo sviluppo Economico, della Convenzione preliminare Co.E.Ma.-G.S.E. che, ancora peggio, permetterebbe il
conferimento di circa 500 milioni di fondi Cip-6/92 (7 x 100 della bolletta
elettrica) per costruire, a spese dell’erario pubblico, l’inceneritore dei
Castelli Romani.
Per il resto, sembra di vedere
un film già visto e rivisto: “in conseguenza della forte crisi economica”,
dichiara poco dopo il Presidente Zingaretti, “c’è stata una significativa
riduzione dei rifiuti prodotti nella Regione Lazio”. E prosegue ancora: “inoltre
la differenziata ha avuto, negli ultimi due anni, un incremento del 4% su base
regionale”. Eppure la Regione Lazio sta portando a compimento istruttorie
amministrative per raddoppiare, tonnellata in più, tonnellata in meno, la
“capacità volumetrica complessiva delle discariche regionali”. Che significa?
Attualmente nelle discariche del Lazio sono disponibili circa 2 milioni e mezzo
di metri cubi residui di spazio. Sono in via di autorizzazione definitiva,
presso l’Ufficio rifiuti della Regione, circa altri 2 milioni di nuovi metri
cubi. Fatevi un po’ i conti. Stesso, inoltre, dicasi per gli impianti di
compostaggio, le cosiddette centrali a bio gas/massa a rifiuti. Al 2010
risultavano autorizzati 19 impianti, per un totale di 290 mila tonnellate di
rifiuti trattati all’anno. Sono in corso di istruttoria ed autorizzazione impianti
per il trattamento di altre 400 mila tonnellate all’anno.
E
la raccolta differenziata porta a porta, invece? “Il
piano prevede il raggiungimento dell’ambizioso obbiettivo del 65% di porta a
porta al 2020”, ci dice il Presidente. Ma Zingaretti lo sa che il Governo,
appena pochi giorni fa, ha approvato una disposizione che obbliga i Comuni
italiani a raggiungere il 65% di porta a porta entro e non oltre il 31 dicembre
2016? Pare di no!
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